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sabato 30 giugno 2012

Facebook taglia fino al 50% la visibilità delle fanpage


Altro che bufala: Facebook taglia fino al 50% la visibilità delle fanpage che non pagano


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Come funzionano i promoted post di Facebook? E' vero che chi non li utilizza, e quindi non paga, vede limitata di molto la visibilità dei contenuti che pubblica sulla propria pagina? C'è un modo per risolvere almeno in parte il problema?

Se volete che i  post della fan page che vi piace appaiano sulla vostra home dovete cliccare sulla rotellina delle impostazioni accanto al 'mi piace' e cliccare su 'aggiungi alle liste di interessi'.

[̲̅d̲̅][̲̅i̲̅][̲̅v̲̅][̲̅e̲̅][̲n̲̅][̲̅t̲̅][̲̅a̲̅] [̲̅f̲̅][̲̅a̲̅][̲̅n̲̅]
https://www.facebook.com/pages/CIPIRI/294700867221202

- FacebookPoster -
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martedì 26 giugno 2012

Webmaster alla ricerca di un lavoro creativo

 

Webmaster Significato

Cosa vuol dire il termine ”Webmaster?”. Quale il suo significato? Per Webmaster si va ad identificare una persona che gestisce sotto il profilo tecnico un sito internet; si occupa prettamente di installazioni di webserver o controlla il traffico e previene eventuali problemi al quale il sito potrebbe essere soggetto o comunque li risolve.
Il Webmaster ricopre dunque un ruolo di grande responsabilità e deve essere dotato di ottime capacità a livello informatico e deve essere padrone della lingua inglese.


Se siete alla ricerca di un lavoro creativo in qualche grande agenzia beh, questo è l'articolo che fa per voi!

Essere notati nel mare magnum di curriculum e portfolio degli aspiranti designers o creativi è una vera e propria sfida;  se siete intenzionati a perseguire questa strada, e credete nel vostro talento, allora rimboccatevi le maniche e preparatevi leggendo i consigli di questi esperti, provenienti  da alcune delle maggiori agenzie al mondo: JESS3, Code&Theory, AKQA e  Mekhanism

JESS3: 5 errori da evitare

Jesse Thomas è il fondatore di un’agenzia creativa che ha lavorato con nomi come Nike e giganti del Web quali Google, Facebook e Wikipedia; ecco i suoi suggerimenti su cosa evitare quando si è in cerca di un lavoro creativo.
  • Fare errori ortografici è una grossolanità imperdonabile, che porta allo scarto immediato del curriculum in questione. La distrazione non è una scusa buona: ricontrollate sempre dunque, prima di inviare a chi di dovere i vostri dati, che non vi sia scappato qualche errorino.
  • Non dimenticatevi di allegare una lettera di presentazione, che spieghi in modo chiaro e diretto ciò che considerate più importante e degno di approfondimento del vostro curriculum. E’ un ottimo modo per testare il vostro tono professionale.
  • l’indirizzo email lavorativo deve contenere il vostro nome o una sua leggera variazione; meglio evitare nomi particolarmente fantasiosi o nickname estrosi, che possiamo riservare alla nostra cerchia più intima di amici. Scrivere al capo come “Farfallina86″ non è una buona idea…
  • Usate un tono professionale: dovete impressionare positivamente e far vedere di essere degni di rappresentare, in futuro, il nome del’azienda.
  • Mai mandare l’email con il curriculum da un dispositivo mobile: è  considerata una cosa da pivellini.

CODE AND THEORY: 3 suggerimenti veloci

Per aspiranti designer ecco i consigli di Brandon Ralph, partner ed executive creative director di Code and Theory, agenzia della Grande Mela che si occupa  di grafica e design, in particolare per siti web.
  • Nella vostra prima email, scrivete un oggetto che introduca voi e il ruolo cui aspirate. Siate semplici perchè l’email salti all’occhio, ma attenti al rischio di sembrare arroganti.
  • Inserite sempre una versione in pdf del vostro CV
  • Inserite anche un link che rimandi al vostro portfolio website (se non ce l’avete, createlo), dove il vostro possibile datore di lavoro possa valutare la vostra bravura. Lasciate che i vostri lavori parlino per voi!

AKQA: Cosa fare e cosa no!

Lionel Carreor e Barbara Tejada, due dei recruiters di AKQA – agenzia leader nella comunicazione integrata - svelano quali sono le 3 cose che più amano nel candidato ideale e 4 criticità da evitare.

1000 punti per:
  • chi esibisce un portfolio che riesca a stupire, destabilizzare e -perchè no- ingelosire i recruiters.
  • chi si presenta ben preparato. E’ indispensabile saper spiegare ognuno dei propri lavori in maniera semplice e dettagliata, dal brief fino alla realizzazione.
  • chi dimostra di sapere tutto - o quasi- anche sull’agenzia in cui vorrebbe lavorare.
Bollino rosso per:
  • chi chiama e manda email compulsivamente all’agenzia, senza un motivo. Aspiranti creativi sì, stalkers no, grazie: attirate l’attenzione, ma fatelo in modo elegante.
  • no alle malelingue: chi parla male dei propri ex datori/ex colleghi/ex clienti innesca sospetti non proprio piacevoli nel datore di lavoro.
  • Chi si fa vedere pessimista o simil-depresso: non è un biglietto da visita adeguato a chi sta cercando un nuovo lavoro. Non sempre è facile essere ottimisti: recitate anche spudoratamente, ma non fatevi vedere giù!
  • Chi utilizza terza persona in lettera di presentazione e curriculum, parlando di sè stesso.

Ed infine…i 10 punti fondamentali secondo Mekhanism.

Mekhanism è una delle aziende più creative a livello mondiale, se parliamo di storytelling digitale. Ecco un elenco di suggerimenti utili agli  aspiranti creativi, direttamente dal direttore dei social media aziendali Brendan Gahan, un copywriter, un PR dello staff ed il direttore dell’agenzia, Jason Harris.
  • siate fan del vostro lavoro, perchè è molto più che un lavoro. Dimostratevi appassionati e volenterosi di lavorare proprio per quell’agenzia.
  • siate ambiziosi e pieni di iniziativa, veri e propri promotori di voi stessi, anche se non avete grandi esperienze lavorative alle spalle. Se non ci credete voi per primi…
  • ovviamente, dimostrare di avere un’etica del lavoro irreprensibile aiuta. Qui, la più classica delle raccomandazioni non guasterebbe…
  • dovete esibire in portfolio lavori mozzafiato, of course.
  • dimostrate personalità, qualche critica a volte può colpire nel segno, a patto di non risultare offensivi.
  • durante il colloquio, non dite continuamente cose che rimandino al vostro curriculum, è terribilmente noioso ed inefficace.
  • per i tirocinanti o coloro che si stanno affacciando al mondo del lavoro: siate anche sfacciati se serve, ma non vergognatevi di chiedere, chiedere e ancora chiedere informazioni, consigli e quant’altro a chiunque possa darvi un mano a capire come ambientarvi e muovervi.
  • non temete di esprimere le vostre passioni, come musica o moda,  anche se non direttamente legate al lavoro che state cercando. Ci sono brand che possono trarre beneficio dal conoscere vostri interessi, molto più di quanto possiate pensare.
  • Infine, imparate bene i lavori creativi dell’agenzia, selezionate i 3 vostri preferiti e spiegate il perchè vi piacciono tanto. Un po’ di lusinghe non guastano mai, in questo ambiente!
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venerdì 22 giugno 2012

Flame: rallenta il programma nucleare dell'Iran


Flame: creato dalla CIA americana e dall'esercito d'Israele


 “Parrebbe che dietro lo sviluppo di Flame ci sarebbe la CIA e l'esercito israeliano con lo scopo di rallentare il programma nucleare dell'Iran”

Ci sarebbero le prime conferme in merito al coinvolgimento degli USA e di Israele nello sviluppo del malware Flame. La notizia è da poco stata riportata da Arstechnica e viene già rimbalzata anche da autorevoli accout Twitter come quello di Eugene Kaspersky. Nel caso di Flame venne ipotizzato sin dal primo momento un quadro differente da quello che contraddistingue lo sviluppo di un malware comune: pareva chiaro che dietro tale codice vi fossero strutture capaci e soprattutto con interessi particolari.
Stando alla fonte dietro Flame ci sarebbero risorse della CIA e dell'esercito israeliano. Sembrerebbe anche confermato lo scopo di Flame: il malware aveva lo scopo di rallentare il programma nucleare iraniano. Flame venne alla luce nel corso di indagini relative a un attacco malware ai danni di raffinerie di petrolio iraniane, anche se la vicenda non è ancora del tutto chiara e circostanziata.
Flame è un malware che ha chiari scopi legati allo spionaggio: sui sistemi infetti è capace di accedere a risorse hardware particolari, come microfono, webcam, modulo Bluetooth e simili, con lo scopo di sottrarre informazioni riservate. Le prime analisi hanno confermato una notevole complessità del codice e proprio questa caratteristica lo fa rientrare nella categoria di malware che già ospita il ben noto Stuxnet. I dettagli relativi a Flame e alla strategia che si celava dietro tale malware verranno provìbabilmente svelati nel prossimo futuro.

 http://www.palestinarossa.it/?q=it/content/blog/flame-creato-dalla-cia-americana-e-dallesercito-disraele

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martedì 19 giugno 2012

COME VINCERE ALLA ROULETTE






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lunedì 18 giugno 2012

Usa, Italia, Spagna: chiedono censura a Google




Usa, Italia, Spagna:   chiedono  censura a Google

 Sempre più Stati, Italia inclusa, chiedono a Google di rimuovere contenuti online, soprattutto politici. In testa ci sono gli Stati Uniti, con 6.192 richieste. Ma il motore di ricerca soddisfa meno di una richiesta su due. É tutto scritto nel "Transparency Report" del colosso di Mountain View.

Quando nel 2010 Google ha iniziato a pubblicare il suo "Transparency Report", cioè il rapporto che dettaglia le domande di rimozione di contenuti dai servizi del colosso di Mountain View da parte dei governi, l'azienda ha reso noto al pubblico che parte delle circa mille richieste riguardava contenuti politici. Oggi all'analista Dorothy Chou non restano molti dubbi: «Speravamo fosse un'aberrazione. Ora sappiamo che non lo è», scrive nel post sul blog ufficiale di Google che ne presenta la quinta edizione, appena pubblicata.
Non è il numero di richieste provenienti dalle autorità di tutto il mondo a essere definito «preoccupante»: tra le 1.062 riguardanti il periodo luglio-dicembre 2009 e le 1.028 tra luglio e dicembre 2011 (i dati resi noti in queste ore) non c'è una differenza sostanziale. A preoccupare è che il tentativo di ottenere censure a sfondo politico è divenuta la regola, più che l'eccezione. «È allarmante non solo perché la libera espressione è a rischio», nota Chou, «ma perché alcune di queste richieste provengono da paesi insospettabili, democrazie occidentali tipicamente non associate alla censura».
Dalla Spagna, per esempio, la cui authority per la protezione dei dati ha tentato di ottenere la rimozione di 270 risultati di ricerca collegati ad articoli di stampa e post su blog che facevano riferimento a «individui e personaggi pubblici, compresi sindaci e pubblici ministeri». Google, che l'alta corte spagnola ha portato di fronte alla giustizia europea proprio sul tema del diritto all'oblio, non ha obbedito. Ma anche dagli Stati Uniti, dove le richieste di rimozione sono aumentate addirittura del 103% rispetto al rapporto precedente: un incremento che non ha paragoni nel resto del mondo e che si sostanzia nel tentativo di far sparire dal web, tra gli altri, 218 siti ritenuti diffamatori e 1.400 video su YouTube per presunte molestie. Un totale di 6.192 contenuti da rimuovere in 187 richieste diverse, cui Google ha ottemperato in meno di un caso su due.
Richieste di censura 'democratica' anche dalla Polonia (negate), dal Regno Unito (cinque account YouTube rimossi – 640 video – per «promozione del terrorismo») e dalla Germania, dove le agenzie governative hanno ottenuto l'eliminazione di 898 risultati di ricerca contenenti critiche nei loro confronti giudicate dalla giustizia «non credibili». In Canada la richiesta più stravagante: censurare un video su YouTube di un cittadino intento a urinare sul passaporto e mandarlo giù per lo sciacquone. Anche alle potenze emergenti piace la censura politica. In Brasile quattro profili legati alla campagna elettorale sono stati eliminati su richiesta della giustizia, mentre in India – dove Google è a processo contro il governo proprio per la responsabilità del monitoraggio dei contenuti online – si è registrato un incremento delle richieste del 49 per cento. Giungono poi le prime richieste anche da quattro paesi che non l'avevano mai fatto prima, e cioè Bolivia, Repubblica Ceca, Ucraina e Giordania. E in Tailandia il reato di lesa maestà ha costretto Google a impedire l'accesso a un centinaio di video all'interno del Paese.
Quanto all'Italia le richieste di rimozione sono state 28, per un totale di 96 contenuti (68 sono video su YouTube), ma – contrariamente al rapporto precedente – non ci sono stati tentativi di censurare video satirici sulle disavventure sessuali dell'ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Il tentativo era, in ogni caso, fallito.
Nel rapporto vengono dettagliate anche le richieste governative di ottenere dati – per esempio, l'indirizzo ip - sugli utenti che si collegano ai servizi di Google. Come nota Andy Greenberg su Forbes, anche qui le cifre sono in aumento: negli Stati Uniti, si registra un più 37% rispetto allo stesso periodo del 2010 (e più 76% rispetto al 2009); nel resto del mondo, in un anno si è passati da 9.600 a 11.936. Il tasso di accettazione è molto più alto negli States (93%) che altrove (64% nel Regno Unito, 45% in Germania). Come spiega Chou a Greenberg, per essere accettate le richieste devono essere in forma scritta, provenire dall'autorità competente, riguardare un crimine ed essere sufficientemente precise rispetto agli utenti e al lasso temporale interessati.
Un'ultima sezione riguarda le richieste di rimozione di contenuti per violazione del diritto d'autore online. Le richieste di rimozione di url sono – come si vede dal grafico riportato qui sotto – in pressocché costante aumento e sono state oltre 1,8 milioni solo nell'ultimo mese. Il maggior numero di richieste di rimozione riguarda, com'era facile prevedere, siti di filesharing come Filestube (103 mila), Extratorrent (50 mila) e Bitsnoop (42 mila).

Il rapporto di Google ha il merito indubbio di ricondurre il dibattito sulla censura online a numeri e fatti, piuttosto che a speculazioni e questioni di principio. Un esempio che molte altre aziende, Facebook su tutte, potrebbero seguire per rendere più trasparente il loro rapporto con gli iscritti, e con i loro diritti fondamentali. Twitter lo ha fatto quando ha annunciato di documentare su un apposito sito la censura selettiva dei tweet su base locale, e il caso della sua resistenza alle richieste del governo pakistano – costato un temporaneo blackout del servizio – dimostra che sta facendo sul serio. Ma c'è anche chi chiede di più, anche a Google. Che «è stato criticato per non avere rivelato molto circa la sua presunta partnership con la National Security Agency dopo un attacco cinese ai suoi sistemi nel 2010», scrive Greenberg. E l'azienda non ha ancora preso una posizione su Cispa, la norma sulla cybersicurezza che renderebbe lo scambio di dati tra gli intermediari e le agenzie governative molto più semplice, nota ancora. Troppo, secondo i tanti critici. Anche su questo la trasparenza non può che far bene.
Fabio Chiusi http://www.linkiesta.it/transparency-report-google#ixzz1y9KHBhga
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martedì 12 giugno 2012

Microsoft : stop al tracking pubblicitario



stop al tracking pubblicitario

Nella prossima versione di Internet Explorer, Microsoft ha deciso di abilitare di default la funzione che impedisce di tracciare e archiviare le nostre abitudini di navigazione, per fini pubblicitari. Ma l'associazione degli advertisers online non ci sta.


 Stop alle "intercettazioni" pubblicitarie su internet. A mettere un freno alla discutibile abitudine dei siti che conservano i cookie degli utenti per poi sfruttarli a fini commerciali (vendendo di fatto le informazioni sulle nostre abitudini di navigazione alle agenzie di targeting pubblicitario) è Microsoft, che, diversamente da Google e Mozilla, ha deciso di rilasciare la prossima versione di Internet Explorer (la dieci, che arriverà assieme a Windows 8) con la funzione "Do Not Track" attivata di default.

IE10, a differenza di Chrome e Firefox (sui quali è l'utente a decidere se bloccare il "tracking" dei dati o meno) stoppa di default l'archiviazione e la trasmissione dei cookie sui siti che li richiedono. Una decisione (che già un mesetto fa aveva preso anche Twitter) che è stata accolta con preoccupazione dalla Digital Advertising Alliance (DAA), l'organizzazione che riunisce le principali società che si occupano di advertising online.

Secondo la DAA la mossa di Microsoft è quasi una pugnalata alle spalle, dal momento che fino a qualche tempo fa le due parti stavano lavorando di concerto per l'implementazione della funzione Do Not Track nel nuovo browser. La configurazione base della nuova versione di IE10 «minaccia il bilanciamento tra privacy e advertising, limitando la disponibilità e la varietà dei contenuti e servizi di rete per i consumatori» ha spiegato in una nota la DAA.

E anche Mozilla, che supporta pienamente i diritti dei consumatori a non voler vedere tracciata la loro attività sul web, pur apprezzando la volontà di Microsoft di tutelare i cibernauti, ha preso in parte le distanze dalla decisione di Redmond, sostenendo che, in ultima istanza, dovrebbero essere gli utenti a scegliere se abilitare o meno (con un plug in o tramite le preferenze del software) la funzione anti-tracciamento nel loro browser.




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venerdì 8 giugno 2012

ECOLOGIA: FINANZIAMENTO progetti di ricerca e di pre-incubaz...

FINANZIAMENTO progetti di ricerca e di pre-incubazione d’impresa


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venerdì 1 giugno 2012

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