Nella serata di ieri si sono conclusi i negoziati del trilogo tra il Consiglio, il Parlamento e la Commissione europei, il cui scopo era — dopo l’approvazione in Parlamento del 12 settembre scorso — produrre il testo finale della nuova direttiva sul copyright. Il testo però è la versione della riforma peggiore mai vista fino ad ora.
Nelle scorse settimane i negoziati erano arrivati a una fase di stallo, dal momento che sembrava impossibile individuare una posizione conciliante fra tutte le parti. I punti più controversi erano (ancora una volta) legati agli articoli 11 e 13, rispettivamente noti come “link tax” e “upload filter” — di cui abbiamo già parlato in precedenza.
Solo grazie ad una proposta di compromesso presentata dalla Francia e dalla Germania i primi di febbraio si è giunti al testo finale di ieri.
Il testo dell'articolo 13 prevede che tutti i siti e le app che permettono l’accesso o la condivisione di materiali protetti dal diritto d’autore siano considerati responsabili per eventuali violazioni. Ogni piattaforma sarà quindi obbligata a stringere accordi con tutti i detentori dei diritti e dovrà garantire che queste licenze siano rispettate, prevedendo quindi sistemi e meccanismi per evitare che vengano caricati nuovamente contenuti vietati. Esatto, stiamo parlando dei filtri per gli upload, già ampiamente criticati.
L’articolo 13 esclude solamente una piccola categoria di aziende: quelle che hanno meno di tre anni di attività in Europa, un fatturato minore di 10 milioni di euro
e meno di 5 milioni di visitatori unici al mese.
La versione finale dell’articolo 11, invece, prevede il diritto per gli editori di obbligare tutte le aziende che operano su internet a stringere accordi per pubblicare brevi estratti degli articoli e notizie — i cosiddetti snippet, che sono oramai diventati onnipresenti nella nostra navigazione quotidiana. Sono esclusi unicamente “l’utilizzo di singole parole e brevi estratti” — che è però una definizione alquanto vaga. A gennaio, Google aveva mostrato come sarebbe diventata la nostra vita online con questo articolo: link alle notizie accompagnati da vuoti template.
Una legge simile si era già dimostrata fallimentare in Germania.
Questi due articoli erano già stati oggetto di critiche severe da parte di accademici, editori, e associazioni per i diritti digitali — persino da alcuni esponenti dell’industria musicale.
“La stretta maggioranza sull'articolo 13 che il relatore Axel Voss era riuscito a ottenere a settembre si basava sull'esenzione per le piccole imprese, ma ora è tornato indietro sulla base dell’accordo con Francia e Germania durante i negoziati,” ha spiegato l’europarlamentare Julia Reda in un comunicato.
“Il contenuto del testo finale non assomiglia più a quello che il Parlamento ha votato. Per questo esortiamo l'intero Parlamento a respingere i pericolosi articoli 11 e 13 della direttiva,"
ha ribadito Reda.
Per bloccare questa catastrofica direttiva rimangono due strade: il voto nel Consiglio oppure quello nella sessione plenaria del Parlamento, le cui prossime date fissate sono tra il 25 e 28 marzo, il 4 aprile e tra il 15 e il 18 aprile.
Nel primo caso, sembra molto difficile: dobbiamo sperare che i membri del Consiglio si oppongano nel voto interno — l’Italia si era già pubblicamente opposta —, raggiungendo il numero di 13 Stati, oppure un numero di Stati la cui popolazione complessiva sia pari al 35% di quella europea.
Nel secondo caso, invece, tutti i cittadini possono contribuire, contattando sia telefonicamente che per email i propri europarlamentari — la campagna SaveYourInternet mette a disposizione degli strumenti per contattare i propri rappresentati. E allo stesso tempo continuare a diffondere la petizione online che oramai ha raggiunto quasi 5 milioni di firmatari.
"Le notizie di oggi rappresentano un passo indietro per la libertà di espressione online, ma non è tutto finito, possiamo ancora contrastare i filtri di upload e la link tax. Dobbiamo inviare un messaggio chiaro: vogliamo proteggere i diritti degli autori così come quelli degli utenti
e dei piccoli editori," ha concluso Reda.
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