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lunedì 2 marzo 2020

Forza Nuova sconfitta, il Tribunale dà ragione a Facebook

Forza Nuova sconfitta, il Tribunale dà ragione a Facebook


Giusto Oscurare pagine fasciste
Sebbene Forza Nuova avesse vinto il ricorso lo scorso dicembre, il Tribunale di Roma ha decretato che la decisione di Facebook di oscurare le pagine è corretta.

Il Tribunale di Roma ha stabilito che Facebook ha fatto bene a rimuovere le pagine di Forza Nuova, respingendo quindi il ricorso dell'organizzazione neofascista che aveva denunciato la scelta del social appellandosi - senza vergogna - proprio all'articolo 21 della Costituzione antifascista, che sancisce la libertà di manifestazione del pensiero. 
Facebook aveva motivato la sua scelta spiegando che "le persone e le organizzazioni che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono non trovano posto su Facebook e Instagram. Candidati e partiti politici, così come tutti gli individui e le organizzazioni presenti su Facebook e Instagram, devono rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia".
Inizialmente, Forza Nuova aveva fatto ricordo al Tribunale civile di Roma, e lo aveva vinto, con Facebook che si era visto constretto a pagare una penale di 800 euro per ogni giorno in cui la pagina era stata disattivata. Ma adesso le pagine tornano ad essere oscurate. 
Tra le motivazioni della giudice spicca la Convenzione europea dei diritti dell'uomo: "La maggior parte del contenuto e il tono generale dell'opera del ricorrente (Forza Nuova, ndr), e dunque il suo scopo, hanno una marcata natura negazionista e contrastano quindi con i valori fondamentali della Convenzione, quali espressi nel suo Preambolo, ossia la giustizia e la pace. Rileva che il ricorrente tenta di fuorviare l'art. 10 della Convenzione dalla sua vocazione utilizzando il suo diritto alla libertà di espressione per fini contrari alla lettera ed allo spirito della Convenzione. I predetti fini, se fossero tollerati, contribuirebbero alla distruzione dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione".
E ancora: "Per utilizzare il Servizio Facebook, tutti gli utenti devono prima accettarne le Condizioni. Ciascun utente si impegna a 'non usare Facebook per scopi illegali, ingannevoli, malevoli o discriminatori' e a non 'pubblicare o eseguire azioni su Facebook che non rispettano i diritti di terzi o le leggi vigenti'. Le Condizioni attribuiscono a Facebook Ireland il diritto di rimuovere tali contenuti e di interrompere la fornitura del Servizio Facebook agli utenti che le violino. All’art 1, sotto il titolo 'Lotta ai comportamenti dannosi, protezione e supporto della community di Facebook', prevedono: 'Le persone creano community su Facebook solo se si sentono al sicuro. Facebook impiega team dedicati in tutto il mondo e sviluppa sistemi tecnici avanzati per rilevare usi impropri dei propri prodotti, comportamenti dannosi nei confronti di altri e situazioni in cui potrebbe essere in grado di aiutare a supportare o proteggere la propria community. In caso di segnalazione di contenuti o condotte di questo tipo, Facebook adotta misure idonee, ad esempio offrendo aiuto, rimuovendo contenuti, bloccando l’accesso a determinate funzioni, 
disabilitando un account o contattando le forze dell’ordine'".
L'ordinanza documenta molti dei post e delle pubblicazioni di Forza nuova in cui si fa esplicito riferimento al fascismo, tra i quali "il contenuto che raffigurava il balcone di Palazzo Venezia, dal quale Mussolini dichiarò guerra alla Francia e all’Inghilterra il 10 giugno 1940, e recitava: 'l’unico balcone che riconosciamo… restiamo fascisti'. Ciò viola l’art. 2 degli Standard della Comunità (simboli che rappresentano/elogiano un’organizzazione che incita all’odio)".
Continua il giudice: "Gli episodi sopra descritti basterebbero da soli per ritenere che sulla base degli Standard della Community e delle condizioni contrattuali Facebook aveva il diritto di risolvere il contratto con gli utenti che in qualità di amministratori gestivano le pagine delle varie articolazioni dell’organizzazione Forza Nuova. Anzi, sulla base delle norme interne e sovranazionali e della costante loro applicazione giurisprudenziale sopra riportate e del Codice di condotta sottoscritto con la Commissione Europea, Facebook aveva in realtà il dovere giuridico di risolvere i contratti, essendo evidente che il richiamarsi agli ideali del fascismo in numerosissime iniziative pubbliche e pubbliche manifestazioni vale a qualificare Forza Nuova come “organizzazione d’odio” secondo le condizioni contrattuali e gli Standard della Community sopra riportati (in rete sono numerosissime le notizie in tal senso corredate di fotografie)".
Non solo, il tribunale di Roma punta evidenzia anche come "l'organizzazione si è resa anche protagonista di iniziative discriminatorie in danno di rom, migranti e omosessuali e veri e propri 'discorsi d’odio'. Anche in questo caso verranno riportati solo alcuni esempi del copioso materiale reperibile in rete. un post che insultava gli immigrati chiamandoli stupratori. Si tratta, in particolare, di una vignetta che raffigurava la sagoma di una donna inseguita da alcuni uomini, con la seguente didascalia: “RAPEUGEES NOT WELCOME”89. Questo contenuto è contrario all’art. 13 degli Standard della Comunità (hate speech basato sulla razza o etnia)".



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venerdì 12 maggio 2017

WhatsApp : Multa da 3 milioni di euro

Multa da 3 milioni di euro a Whatsapp per la condivisione dei dati degli utenti con Facebook. L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella riunione dell'11 maggio, ha chiuso le due istruttorie, avviate nel mese di ottobre 2016 per presunte violazioni del Codice del Consumo.

Nel primo procedimento, l'Autorità ha accertato, comminando a WhatsApp Inc. una sanzione di 3 milioni 
di euro, che la società ha, di fatto, indotto gli utenti di WhatsApp Messenger ad accettare integralmente 
i nuovi Termini di Utilizzo, in particolare la condivisione dei propri dati con Facebook, facendo loro 
credere che sarebbe stato, altrimenti, impossibile proseguire nell'uso dell'applicazione. Coloro che 
erano già utenti alla data della modifica dei Termini (25 agosto 2016) avevano, invece, la possibilità di 
accettarne parzialmente i contenuti, potendo decidere di non fornire l'assenso a condividere le 
informazioni del proprio account WhatsApp con Facebook e continuare, comunque, a utilizzare l'app. La 
condotta in esame è stata attuata attraverso una procedura in-app di accettazione dei nuovi Termini 
caratterizzata dall'informazione sulla necessità di tale accettazione, entro 30 giorni, a pena di dover 
interrompere la fruizione del servizio; l'inadeguata evidenziazione della possibilità di poter negare il 
consenso alla condivisione dei dati con Facebook, la pre-selezione dell'opzione (opt-in) e la difficoltà, 
infine, di poter esercitare concretamente tale opzione una volta accettati integralmente i termini. L'altro 
procedimento istruttorio, avviato, nei confronti di WhatsApp Inc., per presunta vessatorietà di alcune 
clausole del modello contrattuale sottoposto all'accettazione dei consumatori che vogliano usufruire 
dell'applicazione WhatsApp Messenger, si è concluso con l'accertamento della vessatorietà delle 
disposizioni che prevedono: - esclusioni e limitazioni di responsabilità in capo a WhatsApp molto ampie 
e assolutamente generiche, inclusa quella che discende dal proprio inadempimento; - la possibilità di 
interruzioni del servizio decise unilateralmente da WhatsApp senza motivo e senza preavviso; - il diritto 
generico esercitabile da WhatsApp di risolvere il contratto/recedere in qualsiasi momento e per 
qualsiasi motivo e non consentire più all'utente l'accesso/utilizzo dei servizi, senza prevedere un 
analogo diritto per il consumatore.

Tra le altre disposizioni vessatorie accertate: - il diritto generico esercitabile da WhatsApp di introdurre 
modifiche, anche economiche, dei Termini di Utilizzo senza che nel contratto vengano preventivamente 
indicate le motivazioni sulla base delle quali la società si vincola ad apportare le modifiche e senza 
neppure prevedere modalità per informarne in maniera adeguata l'utilizzatore, unitamente alla 
previsione del meccanismo di silenzio assenso che fa discendere l'accettazione dei nuovi Termini anche 
solo dalla mera inerzia inconsapevole dell'utente; - quale legge applicabile al contratto e alle 
controversie quella dello Stato della California e quali unici fori competenti per la risoluzione delle 
controversie il Tribunale Federale degli Stati Uniti della California settentrionale o il Tribunale dello 
Stato della California; - un generico diritto esercitabile da WhatsApp di recedere dagli 'ordini e di non 
fornire rimborsi per i servizi offerti, senza precisare in modo chiaro il contesto in cui tali operazioni si 
esplicherebbero; - la generale prevalenza del contratto scritto in lingua inglese, in caso di conflitto con 
la versione tradotta in lingua italiana (accettata dall'utente), senza prevedere la prevalenza 
dell'interpretazione più favorevole al consumatore, a prescindere dalla lingua in cui la clausola è redatta.


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sabato 27 febbraio 2010

la Xerox porta in tribunale Google e Yahoo



La Xerox, nota azienda produttrice di fotocopiatori, ha dato mandato ai suoi legali di denunciare Google e Yahoo per la violazione di due brevetti depositati rispettivamente nel 2001 e nel 2004. La denuncia farebbe seguito ad un mancato accordo tra le aziende.

Il primo brevetto contestato riguarda la generazione automatica di una query sulla base della digitazione di parole chiave, in questo caso nel mirino della Xerox vi sarebbero servizi come Google AdSense, Google AdWords e Yahoo Search MarketingS.

Il secondo brevetto riguarda invece dei metodi e dei sistemi per l'integrazione di informazioni e conoscenze, in questo caso sono stati contestati i meccanismi di base che permettono il funzionamento di piattaforme come Google Maps, Google video, YouTube e Yahoo Shopping.

Google e Yahoo hanno naturalmente negato la validità delle accuse a loro carico, stranamente la Xerox non ha citato in causa anche la Microsoft che per il suo Bing utilizza sistemi molto simili a quelli creati dai due colossi concorrenti.
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