Una legge per far tacere le tv locali
Siamo Tutti Telejato a Roma contro la Legge di Stabilità 2011 sul riordino delle frequenze nel digitale terrestre
C'è una legge che rischia di mettere il silenziatore alle televisioni locali. C'è un gruppo di associazioni e cittadini che a questa legge si oppongono. Così oggi a Roma il comitato “Siamo tutti Telejato” ha presentato, in conferenza stampa, un documento di denuncia contro quanto sta accadendo in Italia. La legge in questione è quella di Stabilità del 2011 che, nel silenzio più assordante, abolisce le televisioni comunitarie e distribuisce a pagamento le frequenze del digitale terrestre. Tutte tranne sei.
«Con la Legge di Stabilità 2011 (articolo 1, commi 8, 9 e 10) sono state, di fatto, abolite le televisioni comunitarie (250 in tutta Italia), e il Ministero dello Sviluppo Economico si è riservato il diritto di assegnare, a pagamento, tutte le frequenze del digitale terrestre, tranne 6 che saranno assegnate attraverso il sistema “Beauty Contest”, in parte ad aziende che già posseggono frequenze. In questo modo vengono sottratti al mercato circa 30 canali (6 mux) per le TV locali. Si sottolinea inoltre come in un momento di austerità economica lo Stato italiano stia di fatto regalando frequenze ad aziende private e pubbliche. (mentre ha venduto i canali dal 61 al 69)». Recita così il documento che il comitato “Siamo tutti Telejato” ha presentato e manderà agli organi istituzionali italiani.
Nella speranza che si riesca a bloccare quello che definiscono un vero e proprio esproprio. Tra le tante televisioni colpite c'è anche Telajato, la tv animata a Partinico da Pino Maniaci, che ha fatto luce sui tanti legami tra mafia, politica e imprenditoria nel palermitano. «Abbiamo resistito all'attacco dei boss – commenta Maniaci – ma a farci chiudere è lo Stato». Un paradosso tutto italiano. Un'occasione ghiotta per i grandi gruppi televisivi, che possono accaparrarsi gratuitamente nuove frequenze, a discapito di chi fa informazione dal basso. Rischiando in prima persona.
«Noi – recita il documento - ci proponiamo di denunciare oggi la cecità con cui, nella normativa indicata, le nuove misure legislative predisposte non tengono conto del fatto che esse potrebbero rendere impossibile a piccoli gruppi editoriali, come Telejato, di rimanere attivi sul mercato della comunicazione. A tali realtà si impedirebbe così il loro ruolo insostituibile di vigilanza sulle attività e penetrazioni mafiose nel tessuto sociale dei singoli territori e nella dimensione culturale dei Cittadini. Tutto ciò si tramuterebbe quindi in un danno spaventoso al dichiarato progetto di contrasto alle mafie che, pur essendo costantemente declamato, viene di fatto disatteso nella concretezza di una simile azione politica».
Il Comitato, promosso da numerose associazioni nazionali e locali, si propone di tutelare tutte le piccole emittenti che, come Telejato, saranno soppresse. «Lo swich-off, il cambio di tecnologia dall'analogico al digitale terrestre – sottolinea Nadia Furnari dell'Associazione Rita Atria – non può essere un esproprio. Di fatto – aggiunge – consente la concentrazione delle informazioni nelle mani di pochi». L'abolizione di televisioni, locali o comunitarie, comporterebbe una perdita non secondaria. E' da realtà piccole e agguerrite che le notizie scomode ottengono diritto di cittadinanza e la possibilità, non sempre garantita, di avere una risonanza nazionale. Ciò comporta, come nel caso di Pino Maniaci, seri rischi. Minacce, intimidazioni e attentati, ma anche una rete di tutela derivante dalla serietà del lavoro svolto.
«Spegnere Telejato significa mettere a rischio la mia vita – dichiara Maniaci – ma anche quella della mia famiglia, perchè Telejato è una tv a conduzione familiare». Un altro motivo per chiedere la revisione di questa paradossale normativa.
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