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mercoledì 27 novembre 2019

Google e Facebook Condizionano la nostra Vita


Google e Facebook Condizionano la nostra Vita


Come i Social Media ti cambiano il Cervello

Un terzo della popolazione mondiale
 condivide pezzi di vita su Facebook, Twitter, Instagram: 
quali Conseguenze hanno il tempo speso online
 e le interazioni sociali sul nostro cervello e comportamento?


Eccone 5 a cui non avresti pensato.

Trascorriamo in media 2 ore al giorno a navigare, postare e commentare su Facebook, Twitter, YouTube e altre piattaforme social. Le ricadute di questa abitudine su lessico e tempo sprecato sono costantemente sotto ai nostri occhi ("mi hanno taggato in una foto", "ho messo like al suo status"...). Ma quali sono gli effetti dei social media sul nostro cervello?



A descriverli con precisione e un pizzico di ironia ci ha pensato il team di AsapScience. Il video che vedete elenca 5 modi inaspettati e curiosi in cui l'uso dei social altera alcuni meccanismi cerebrali. Eccoli spiegati per punti.



1. DIPENDENZA. Il 5-10% degli utenti online è incapace di controllare il tempo trascorso sui social. Le scansioni cerebrali di queste persone rivelano danni nelle stesse aree colpite nel cervello di chi fa abuso di droghe: si nota una degradazione della sostanza bianca nelle regioni che controllano le emozioni, l'attenzione e i processi decisionali. La ragione è da ricercare nell'appagamento immediato, con poco sforzo, offerto dai social media, che fa sì che il cervello sviluppi dipendenza dagli stimoli da essi offerti (99 giorni senza Facebook: ce la faresti?).



2. MULTITASKING. Si potrebbe pensare che l'uso dei social ci renda più abili nel gestire più compiti contemporaneamente. La prova? Sappiamo tenere nello stesso momento una finestra aperta su Facebook, una su Twitter e una sulla mail che stiamo scrivendo. In realtà è stato dimostrato che chi trascorre molto tempo sui social diviene meno abile nel passare da un compito all'altro, più facilmente distraibile e meno efficiente nell'immagazzinare le informazioni nella memoria 
(oltre al rischio depressione, di cui abbiamo parlato qui).



3. SINDROME DA VIBRAZIONE FANTASMA. "Aspetta, mi è vibrato il cellulare! Ah no, me lo sono sognato": è una frase che vi capita di pronunciare, o sentire, sempre più spesso? In effetti uno studio ha dimostrato che l'89% degli intervistati prova questa sensazione una volta ogni 15 giorni.



Il fenomeno, in aumento, sembrerebbe dovuto al fatto che i smartphone e tablet, complice l'utilizzo dei social, ci seguono ormai dappertutto e sono divenuti appendici di mani e tasche. Vengono così interpretati come "arti fantasma" dalle aree del cervello che analizzano le sensazioni tattili
 (come la corteccia somatosensoriale)
 e finiscono per interferire con le nostre percezioni tattili.



4. RILASCIO DI DOPAMINA. Studi in risonanza magnetica funzionale hanno dimostrato che i centri della ricompensa nel cervello sono più attivi quando, in una conversazione, stiamo parlando di noi, piuttosto che quando ci è chiesto di ascoltare. Ma se nelle chiacchierate faccia a faccia parliamo di noi stessi nel 30-40% delle volte, su Facebook è autocentrato l'80% dei post. Quando scriviamo di noi nel nostro cervello si libera dopamina, un neurotrasmettitore associato alle sensazioni di benessere: è come se il cervello in qualche modo ricompensasse il nostro egocentrismo!
 (Come scovare i narcisi su Facebook)



5. RELAZIONI INTERPERSONALI. Forse per la nostra tendenza a trascorrere molto tempo online, gli studi dimostrano che le relazioni nate online non sono così effimere come si credeva. Una ricerca dell'Università di Chicago ha dimostrato che i rapporti nati su Internet sono persino più solidi di quelli nati offline. Il motivo è da ricercare, forse, nel fatto che in queste storie, prima di incontrarsi di persona si ha modo di conoscere gusti e passioni dell'altro.



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martedì 26 novembre 2019

Il Paese più Ignorante di tutta Europa e 12esimo nel Mondo

Il Paese più Ignorante di tutta Europa e 12esimo nel Mondo


L’Italia - Il paese più ignorante d’Europa. 
A stabilirlo è l’annuale classifica di IPSOS Mori che mette
 il Belpaese al 12esimo posto nel mondo, 
ma primo in Europa nella “misperceptions”, 
ovvero nella “percezione erronea”. Vediamo di cosa si tratta.

Ogni anno, l’IPSOS Mori, azienda inglese di analisi e ricerca di mercato, stila una classifica, la “Perils of Perception”, letteralmente “Pericoli della Percezione” per stabilire quali siano i popoli più ignoranti al mondo attraverso delle domande che riguardano diversi aspetti della vita.

Per ogni nazione vengono arruolate 11mila persone che diventano il campione d’indagine. A loro vengono sottoposte delle domande per capire la loro percezione della realtà su determinati argomenti; incrociando poi le risposte, si ottiene una classifica dei popoli più ignoranti.

La parola ignoranza quindi non è strettamente legata al livello di istruzione, quanto al rapporto che alcune persone hanno su problemi chiave della società. Infatti, le domande non sono di cultura generale, ma sulla realtà che li circonda.

Facciamo qualche esempio. Viene chiesto agli intervistati se gli omicidi nel proprio paese sono aumentati o diminuiti rispetto al 2000.
“Solo una piccola minoranza di persone pensa che il tasso di omicidi 
sia diminuito nonostante ciò sia vero”, si legge nel rapporto.

O ancora viene chiesto se dopo l’11 settembre ci siano stati più o meno attacchi terroristici
“Pochissime persone pensa che gli attacchi siano in numero minore, 
nonostante questo rappresenti la realtà”, si legge ancora.

Ci sono poi domande sulla percezione dell’immigrazione e ancora sulla 
percentuale di adolescenti che rimangono incinte.
“Tutti i paesi sopravvalutano il numero di nascite di bambini che nascono
 da teenager perché il rapporto è uno su cinque”.

Si parla ancora di vaccini e autismo, di diabete e perfino sul consumo di zucchero. Per esempio, molti nominano Gran Bretagna e Francia tra i paesi che ne consumano di più assieme agli Stati Uniti, nonostante questi due paesi abbiano un consumo bassissimo. Ancora, rapporto con l’alcol, numero di suicidi, qualità della vita, smartphone, numero di veicoli e infine domande 
sull’esistenza o meno di paradiso e inferno.


Quello che ne viene fuori è che gli italiani nella maggior parte dei casi hanno una percezione sbagliata della realtà e tendono a crearsi un mondo parallelo e ciò potrebbe anche derivare dall’uso inconsueto che si fa dei social e del fatto che ormai non si riesca più 
a distinguere notizia falsa da notizia vera.

Ogni anno in tutto il mondo vengono prodotti circa 2.000 tonnellate di cocaina. Di queste, 700 tonnellate sono destinate al mercato europeo mentre il restante va quasi tutto a finire in quello nordamericano con gli Usa in testa...



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domenica 24 novembre 2019

Facebook e Google sono una Minaccia ai Diritti Umani, accusa Amnesty

Facebook e Google sono una Minaccia ai Diritti Umani, accusa Amnesty


In un rapporto intitolato “Surveillance Giants”, Amnesty International ha sfruttato duramente il modello di business di Facebook e Google. Consentendo agli utenti di utilizzare i propri servizi gratuitamente (social network, applicazioni, ecc.) Per raccogliere i propri dati personali , le due aziende sono un grave pericolo per la libertà di opinione, espressione, pensiero e diritti di uguaglianza e non discriminazione.

“Google e Facebook dominano le nostre vite moderne; hanno accumulato un potere senza pari sulla sfera digitale raccogliendo e monetizzando i dati personali di miliardi di utenti . Il loro insidioso controllo sulla nostra vita digitale mina le basi stesse della privacy ed è una delle maggiori sfide per i diritti umani dei nostri tempi “, ha affermato Kumi Naidoo, segretario generale di Amnesty.

“Google e Facebook hanno gradualmente ridotto il rispetto della nostra privacy . Oggi siamo intrappolati. O ci sottomettiamo a questa vasta macchina di sorveglianza – dove i nostri dati sono facilmente utilizzati per manipolarci e influenzarci – o rinunciamo ai vantaggi del mondo digitale “, ha affermato il segretario generale in una nota.

Facebook e Google sono una Minaccia ai Diritti Umani, accusa Amnesty


All’esterno, Internet è uno strumento indispensabile per esercitare molti diritti umani e civili di base . “Miliardi di persone non hanno altra scelta che accedere a questo spazio pubblico alle condizioni dettate da Facebook e Google”, afferma Naidoo. Secondo Amnesty, servizi come Facebook, Instagram, il motore di ricerca di Google, YouTube e WhatsApp sono regolati da “algoritmi opportunistici” progettati esclusivamente per manipolare gli utenti di Internet.

“Abbiamo già scoperto che la vasta architettura pubblicitaria di Google e Facebook è un’arma potente nelle mani sbagliate. Può essere deviato a fini politici, a rischio di conseguenze disastrose per la società e lascia il campo libero per ogni sorta di nuove strategie pubblicitarie con i suggerimenti dello sfruttamento “ aggiunge Kumi Naidoo, in riferimento allo scandalo Cambridge Analytica avvenuto all’inizio del 2018 .

Nel 2015 Facebook ha autorizzato Cambridge Analytica, una società di analisi dei dati specializzata in strategia politica, per recuperare i dati personali di milioni di utenti di Internet, che ha poi sfruttato e lasciato disponibili ad altre entità. A seguito di questo scandalo, Mark Zuckerberg fu persino costretto a difendersi di fronte al Congresso americano .

In queste circostanze, Amnesty invita i governi di tutto il mondo a legiferare urgentemente per evitare abusi. La ONG chiede la creazione di “solide leggi sulla protezione dei dati” , affermando a malincuore che il GDPR è lungi dall’essere sufficiente per difendere i diritti degli utenti di Internet. La versione vuole impedire “Google e Facebook a condizionare l’accesso ai loro servizi” . Per Amnesty, non è la rete dei giganti a stabilire le regole per accedere ai loro prodotti.

Facebook si difende da solo
Facebook si è rapidamente intensificato per contestare le accuse di Amnesty. ”  Il modello di business di Facebook non è, come suggerisce la tua sintesi, incentrato sulla raccolta di dati da persone. Non vendiamo dati, vendiamo pubblicità  ” , ha dichiarato il social network in una nota. Da parte sua, Google non ha ancora risposto alle affermazioni della ONG.



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mercoledì 6 novembre 2019

Microsoft al Lavoro solo 4 Giorni la Settimana

 Lavoro solo 4 Giorni la Settimana

TEST NELLA SEDE DI TOKYO

 Microsoft ci ha provato. E funziona.
L’esperimento è stato fatto nella sede di Tokyo del colosso informatico, ed ha riguardato 2.300 dipendenti. La produttività è aumetata del 39,9% ed i costi aziendali si sono ridotti.


 Lavoro solo 4 Giorni la Settimana


di Biagio Simonetta

Lavorare quattro giorni a settimana anziché cinque funziona. E aumenta i tassi di produttività. È il risultato di un esperimento targato Microsoft, che in Giappone ha voluto testare la settimana di lavoro più corta. Con l'iniziativa “Work Life Choice Challenge”, l'azienda di Redmond ha deciso di provare una settimana di lavoro ridotta per i suoi 2.300 dipendenti della sede di Tokyo. Un modo per promuovere un equilibrio più salutare tra lavoro e vita privata. Da qui è nata l'idea del weekend lungo: uffici chiusi venerdì, sabato e domenica per un mese (agosto 2019), così per valutare eventuali pregi e difetti di questa scelta.

Risultati soprendenti
I risultati, come detto, sono stati sorprendenti. Secondo quanto riferito dalla stessa Microsoft, per il periodo del test la produttività (che è stata misurata in termini di vendite per dipendente) è aumentata del 39,9% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente (agosto 2018, dunque). Un incremento significativo, insomma, ottenuto grazie a uno snellimento generale dei tempi dedicati ad alcune fasi del processo. Sono state limitate, ad esempio, le riunioni in azienda,
con tempi massimi previsti di 30 minuti.

E allo stesso tempo sono diminuiti i costi aziendali fissi: le spese per l'energia elettrica sono scese del 23,1%, e anche il consumo di carta utilizzata in sede per fax, stampe e il resto si è più che dimezzato.
A tutto questo si sono aggiunti i feedback fortemente positivi degli stessi dipendenti: il 92,1% di questi che ha dichiarato di apprezzare la settimana lavorativa di quattro giorni. Una percentuale che, benché prevedibile, racconta molte cose sullo stato d'animo dei dipendenti.

Nuovo esperimento a breve
Dopo il test di agosto, i dipendenti giapponesi di Microsoft sono tornati a lavorare come sempre, cinque giorni su sette. Ma visti i risultati dell'esperimento, la società ha fatto sapere di voler introdurre un nuovo periodo di prova nei prossimi mesi invernali. Il Giappone, del resto, è uno dei Paesi dove la tematica del superlavoro è molto sentita. In molte aziende, come riportano alcuni report pubblicati dal governo nipponico, le ore di straordinario raggiungono numeri altissimi, diventando un vero e proprio problema nazionale. E se ridurre le ore (e i giorni) di lavoro, coincide con un aumento così importante della produttività, forse vale la pena provare a imboccare questa nuova strada.

Il test è avvenuto nel mese di agosto ed è durato cinque settimane, in cui i lavoratori lasciavano l’ufficio il giovedì per ritornarci poi solamente il lunedì successivo.

Stando a quanto riportato, l’esperimento si è rivelato piuttosto redditizio, con la produttività degli impiegati che è risultata decisamente migliorata. Nello specifico, le vendite sono aumentate del 40% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e sono anche state sprecate meno risorse.

L’azienda ha infatti consumato il 59% in meno di carta, e il 23% in meno di elettricità, risparmiando dunque anche sui costi di gestione.

Alla fine dell’esperimento il 94% degli impiegati si è detto soddisfatto della prova. Tale periodo di prova fa parte di una strategia che punta ad offrire condizioni più vantaggiose ai lavoratori, insieme alle riforme del Primo Ministro giapponese Shinzo Abe, che ha già introdotto un tetto agli straordinari e alzato gli stipendi dei lavoratori part-time,
 e potrebbe essere replicato in altre parti del mondo.

Già alcune compagnie si sono dette interessate, ed alcune piccole aziende hanno già lodato i benefici della prova, come un equilibrio migliore della vita tra lavoro
 e tempo libero e in generale una migliore produttività.

Prima di andare a proporre l’idea al vostro capo però, pregustando i vostri weekend lunghi, sappiate che ci sono anche delle possibili controindicazioni che preoccupano le aziende e i sindacati.

Innanzitutto il concentrare il lavoro in meno giorni potrebbe risultare in una settimana di lavoro generalmente più pesante e con più pressione. Inoltre c’è bisogno di leggi apposite che regolamentino bene il tutto, per evitare il rischio che qualche datore di lavoro tenti di fare il furbo e di approfittarne per ridurre semplicemente il salario dei propri impiegati per via del giorno in meno impiegato in ufficio e di una settimana lavorativa composta da “soli” quattro giorni.

Insomma, se da un lato si può essere attratti dall’idea del colosso di Redmond, dall’altro c’è da stare attenti. In ogni caso, per il momento è destinato a rimanere un esperimento, dato che, ad esempio, nessuno dei candidati alla Presidenza degli Stati Uniti nel 2020 sembra avere nel proprio programma la proposta di ridurre la settimana lavorativa a quattro giorni.

 Lavoro solo 4 Giorni la Settimana

 Lavoro solo 4 Giorni la Settimana

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Ti immagini di poter lavorare 4 giorni su 5 ?
E portare le 40 ore settimanali a 30?
https://cipiri5.blogspot.com/2019/11/giornata-lavorativa-consigliata-dagli.html






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