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giovedì 26 aprile 2018

Europa : Whatsapp vietato a minori di 16 anni


Whatsapp ha aumentato l'età minima per utilizzare
 il suo servizio da 13 a 16 anni in Europa. 
Per tutti gli altri utenti nel mondo resta a 13 anni. 
La decisione rientra in un aggiornamento dei suoi Termini di Servizio 
comunicato con un post sul suo blog e fa parte dei provvedimenti presi in vista del nuovo Regolamento europeo sulla privacy (Gdpr) che sarà pienamente effettivo dal 25 maggio. Progressivamente nei prossimi giorni la popolare app di messaggistica chiederà agli utenti europei di confermare di essere almeno sedicenni quando dovranno approvare i nuovi termini di servizio e l'informativa sulla privacy emanate da una nuova entità, Whatsapp Irlanda. Anche se, nota Reuters, che per prima lo ha individuato, non è chiaro come sarà verificata l'età visto che non si prevede l'esibizione di un documento da parte dell'utente.

"Whatsapp ha istituito una società all'interno dell'Unione europea per fornire là i tuoi servizi e per rispettare nuovi standard di trasparenza elevati relativi a come proteggiamo la privacy dei nostri utenti", spiega il post. E questa non è l'unica novità. Ora la app permetterà anche di scaricare una copia dei propri dati, che conterrà non i messaggi (questi sono cifrati end-to-end, "nessuno, nemmeno WhatsApp", può leggerli o ascoltarli, ricorda il post), 
ma la lista dei propri contatti, i gruppi di cui si fa parte e i numeri bloccati.

In conclusione, "l'obiettivo di questo aggiornamento non è quello di chiedere nuovi permessi per raccogliere informazioni personali ma, semplicemente, di spiegare come usiamo e proteggiamo il numero limitato di informazioni che abbiamo su di te", specifica il post. Che ricorda come la app non condivida le informazioni degli account con la casa madre Facebook per rendere più mirate le inserzioni sul social. Anche se, precisa il post, "in futuro vogliamo collaborare in maniera più stretta con le altre aziende di Facebook e continueremo ad aggiornarti a mano a mano che sviluppiamo i nostri progetti". In passato Whatsapp aveva tentato di condividere i numeri e altri dati degli utenti con il social network ma era stata bloccata dall'Europa. Almeno fino a quando non si sarebbe trovato un metodo di condivisione compatibile con il Gdpr.

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lunedì 23 aprile 2018

I Social Network fanno Male alla Salute


Facebook può rendere più infelici e fa anche male alla salute. È l’impietosa diagnosi messa nero su bianco da uno studio pubblicato dall'American Journal of Epidemiology e citato dal Washington Post. Gli autori della ricerca hanno monitorato la salute mentale e le vite sociali di 5.208 adulti  per due anni, tra il 2013 e il 2015. Tutte le informazioni sulla loro salute, sulla loro vita e sull'uso di Facebook sono state monitorate giorno per giorno.
 La conclusione è che l'utilizzo di Facebook è strettamente legato a una salute fisica e psicologica peggiore: ad esempio, ogni volta che alla pubblicazione di uno status non corrisponde un numero di mi piace giudicato sufficiente, secondo lo studio, corrisponde un peggioramento del 5-8% dello stato fisico e mentale.    Facebook non ha incassato i risultati dello studio senza difendersi, e ha contro-citato uno studio della Carnegie Mellon University, secondo cui gli effetti di internet dipendono dalla quantità di tempo che l'utente trascorre on line.  E ha aggiunto che gli utenti che su Facebook hanno ricevuto più commenti e più “mi piace” godono di una soddisfazione sociale più alta dall'1 al 3% rispetto agli altri.     Altri due studi hanno puntato i fari sui social: uno studio condotto su 1.787 adolescenti americani mostra che i social hanno fatto aumentare il loro senso di isolamento, mentre l'altro realizzato su 1.500 giovani britannici ha evidenziato come i siti internet, in particolare quelli che si basano sulle immagini, hanno esacerbato i sentimenti di ansia e inadeguatezza. Ma perché l'attività on line sarebbe così dannosa? «La risposta - dicono i ricercatori - è che sostituire interazioni personali dirette con i contatti on line puo' minacciare la salute. Quello di cui la gente ha davvero bisogno è di amicizie e di interazioni reali».

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Vola il Mercato della Casa Connessa


Internet of Things

Nel 2015 erano 5 miliardi. Nel 2021 saranno 46. 
Parliamo degli oggetti reali connessi ad Internet, diversi dai computer e dai nostri cellulari. 
Frigo che informano sullo stato della spesa alimentare, lavatrici che possiamo attivare dal cellulare, sensori e videocamere che scrutano la nostra casa contro il rischio furti, impianti di riscaldamento che si avviano o si spengono in base  al clima, garantendo un risparmio energetico. La casa degli italiani è sempre più smart e l’Internet of Things (Internet delle cose) nel nostro Paese vale 185 milioni di euro nel 2016,  +23% rispetto all’anno precedente. A delineare il quadro è la ricerca Smart Home dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano che ci rivela come il 26% dei consumatori italiani disponga  di almeno un oggetto intelligente e connesso nella propria abitazione e  il 58% ha intenzione di acquistarli in futuro.  I possibili impieghi dell’IoT sono molti e variegati.


 La maggioranza delle oltre 290 soluzioni per la casa connessa censite in Italia e all’estero (il 31%) è  dedicata alla sicurezza, tra videocamere di sorveglianza, serrature, videocitofoni connessi e sensori di movimento. Altro tema caldo è la gestione energetica che  conta su soluzioni per il controllo remoto degli elettrodomestici  (10%), la gestione dei sistemi di riscaldamento e raffreddamento (8%), il monitoraggio dei consumi dei dispositivi elettrici (10%).    Gli italiani non  ritengono comunque  ancora sufficientemente pronta l’offerta tecnologica: chi  non dispone già di oggetti connessi nella sua abitazione nel 50% dei  casi è  «in attesa di soluzioni tecnologicamente più mature» per  acquistarli. E c’è scarsa fiducia sulla possibilità che i dati personali siano protetti da eventuali attacchi hacker. 
Il 67% dei potenziali acquirenti è preoccupato per questo genere di rischi. Per Giulio Salvadori, ricercatore dell’Osservatorio Internet of Things, «è fondamentale prestare molta attenzione alla  tutela della privacy e della sicurezza, perché i consumatori sono tendenzialmente restii a condividere i propri dati, a meno di ricevere in cambio vantaggi concreti».



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mercoledì 18 aprile 2018

Facebook: Stretta su Under 15 con Permesso di un Genitore


Gli adolescenti tra i 13 e i 15 anni in alcuni paesi dell'Ue
 hanno bisogno del permesso di un genitore o di un tutore per compiere alcune azioni specifiche su Facebook , vedere inserzioni sulla base dei dati dei partner e includere nel loro profilo le opinioni religiose e politiche o interessati a. 
Ad annunciarlo è Facebook in una nota in adeguamento alle norme del Gdpr,
 il regolamento europeo sulla privacy.


"Quando il GDPR è stato finalizzato, ci siamo resi conto che si trattava di un'opportunità per investire ancora di più nella privacy - spiega la societù in una nota - vogliamo non solo rispettare la legge, ma anche andare oltre i nostri obblighi per costruire nuove e migliori esperienze di privacy per tutti su Facebook", aggiunge, riferendo di aver riunito "centinaia di dipendenti dei team di prodotto, ingegneri, legali, persone dei team di policy, design e ricerca" e aver raccolto "il contributo di persone esterne a Facebook con diverse prospettive sulla privacy, tra cui utenti, regolatori e funzionari governativi, esperti di privacy e designer".


NUOVE TUTELE - "Nelle ultime settimane abbiamo annunciato diverse misure per dare alle persone un maggiore controllo sulla loro privacy e spiegare come usiamo i dati - spiega la società in una nota - oggi annunciamo una nuova esperienza legata alla privacy per tutti su Facebook, come parte del regolamento generale sulla protezione dei dati della UE (Gdpr), inclusi gli aggiornamenti delle nostre Condizioni d'uso e della Normativa sui dati". Facebook offre nuove tutele per tutti, indipendentemente dal luogo di residenza. "A tutti - sottolinea il gruppo - indipendentemente da dove vivono, sarà chiesto di rivedere le informazioni su come Facebook usa i dati e di compiere scelte in merito alla loro privacy su Facebook. Questo avverrà in Europa a partire da questa settimana".



INSERZIONI - Facebook chiederà a tutti di effettuare delle scelte su inserzioni basate sui dati forniti dai partner pubblicitari, informazioni nel loro profilo e il consenso alla tecnologia di riconoscimento facciale. Quanto al primo punto, "le inserzioni su Facebook sono più rilevanti quando usiamo i dati forniti da partner pubblicitari, come siti e applicazioni che utilizzano strumenti di business come il nostro pulsante Mi piace. Chiederemo alle persone di rivedere le informazioni su questo tipo di pubblicità e di scegliere se vogliono o meno, che noi usiamo i dati dei partner per mostrare loro le inserzioni pubblicitarie".

PROFILO - Riguardo alle informazioni sul profilo, "se una persona ha scelto di condividere informazioni politiche, religiose e sulla situazione sentimentale sul proprio profilo, le chiederemo di scegliere se vuole continuare a condividerle e lasciarci usare queste informazioni. Come sempre, l'inserimento di queste informazioni nel profilo è completamente facoltativo. Stiamo rendendo più facile per le persone cancellarle, nel caso in cui non vogliano più condividerle", spiega Facebook.

RICONOSCIMENTO FACCIALE - L'utilizzo del riconoscimento facciale è completamente facoltativo per chiunque su Facebook. "Le nostre funzioni di riconoscimento facciale - si legge in una nota - aiutano gli utenti a proteggere la propria privacy e a migliorare l'esperienza su Facebook, ad esempio rilevando quando altri potrebbero tentare di utilizzare l'immagine di una persona come immagine del proprio profilo e consentendoci di suggerire amici che si potrebbero voler taggare in foto o video. Da oltre sei anni - spiega la società - offriamo prodotti che utilizzano il riconoscimento facciale nella maggior parte del mondo. Nell'ambito di questo aggiornamento, stiamo dando ai cittadini dell'UE e del Canada la scelta di attivare il riconoscimento facciale. L'utilizzo del riconoscimento facciale è completamente facoltativo per chiunque su Facebook".

ADOLESCENTI - Con l'adeguamento alle nuove norme sulla privacy, Facebook fornirà funzionalità speciali per i giovani. "Il Gdpr - si legge nella nota - riconosce l'importanza di fornire protezioni ed esperienze specifiche per gli adolescenti. Abbiamo integrato in Facebook molte protezioni speciali per tutti gli adolescenti, indipendentemente dalla loro posizione geografica. Ad esempio, le categorie pubblicitarie per gli adolescenti sono più limitate, e le loro opzioni predefinite di pubblico per i messaggi non includono la voce 'pubblico"'. "Disabilitiamo - prosegue Facebook - anche il riconoscimento facciale per chiunque abbia meno di 18 anni e limitiamo chi può vedere o cercare informazioni specifiche che gli adolescenti hanno condiviso, come la città natale o il compleanno. Nel corso di quest'anno lanceremo un nuovo centro online globale di risorse dedicate ai ragazzi, e faremo più educazione per rispondere alle loro domande più comuni sulla privacy".



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sabato 14 aprile 2018

Quante Fake News hanno condiviso gli italiani durante le Elezioni


Una ricerca
L'Università di Urbino ha analizzato i post più condivisi 
nel corso della campagna elettorale. 
Ecco quali sono i temi più cari agli elettori. Con più di una sorpresa 

Fake news e satira hanno dominato tra le notizie più condivise sui social network durante l'ultima campagna elettorale italiana. Almeno cinque risultano essere 
non vere e una addirittura entra nella top ten.
Ha ottenuto un engagement totale di 142.000, l’articolo della  testata www.ilfatto.it (nulla a che vedere con  www.ilfattoquotidiano.it) con la notizia del ritrovamento in Sicilia di 500.000 schede elettorali già compilate. Storia totalmente priva di fondamento che però è al sesto posto per numero di condivisioni, reazioni e commenti. Così come quella pubblicata da Italia24ore.com di un senatore massacrato di botte da due disoccupati: engagement di 87.188.
La ricerca
È il primo quadro che emerge dal progetto “Mapping italian news 2018” del Dipartimento di Scienze della Comunicazione, Studi Umanistici e Internazionali dell’Università di Urbino Carlo Bo coordinato da Fabio Giglietto. Il progetto ha disegnato mappa della copertura mediatica su temi politici durante la campagna elettorale delle politiche del 2018 analizzando il livello di engagement prodotto intorno a queste notizie su Facebook e Twitter, stimando la tendenza politica delle diverse fonti e misurando il livello di polarizzazione  
delle audience online.

Quando Sanremo c'entra con la politica
Il rapporto mostra che gli argomenti arrivati all’attenzione degli italiani sui social e che hanno generato il maggior numero di interazioni, sfuggono all’ambito politico in senso stretto, ma hanno conquistato un posto centrale nella campagna elettorale. Il monologo di Pierfrancesco Favino 'La notte...', recitato dall’attore durante l’ultima serata del Festival di Sanremo, è arrivato in cima alla classifica delle notizie più condivise. Postato dalla Rai su Youtube e poi condiviso su Facebook, ha mosso un engagement totale di 433.939 interazioni.
A Favino segue Claudio Baglioni. Un articolo di viagginews.com riportava che il cantante aveva devoluto il suo compenso di Sanremo (700.000 euro) ai terremotati. Notizia che si piazza al secondo posto, ma risulta falsa o, quantomeno, inesatta. Quello devoluto da Baglioni non era infatti il compenso per la conduzione del Festival, ma per il concerto al Vaticano del dicembre precedente.

Chi coinvolge di più
A sviluppare più engagement, poi, sono state fonti dichiaratamente di parte che raggiungono volumi di interazioni pari o superiori nelle condivisioni su Facebook rispetto alle fonti propriamente giornalistiche. In testa ai siti che hanno prodotto le notizie con più engagement ci sono 'Il blog delle stelle e beppegrillo.it, seguiti da Repubblica  e Il Fatto quotidiano.
L’unico altro sito di partito tra i primi 25 come volume di interazioni è quello del Partito democratico (democratica.it), comunque molto inferiore ai concorrenti pentastellati, con un engagement totale di poco più di 1,6 milioni contro oltre 15 milioni.

Chi sono gli 'hyperpartisan' e quanto sono ascoltati
Sono in tutto otto le testate hyperpartisan a entrare in questa classifica con un volume totale di interazioni che sfiora i quattro milioni. Piattaforme non giornalistiche che, secondo la ricerca, lavorano per orientare l’opinione pubblica con contenuti di parte se non, addirittura, con notizie false create apposta per generare indignazione e promuovere  sentimenti “antisistema”. Tra questi siti spicca piovegovernoladro.info: ha totalizzato oltre 640 mila interazioni.



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venerdì 13 aprile 2018

Facebook a Pagamento per la Protezione della Privacy

Protezione della Privacy

ZUCKERBERG RILANCIA: 
“SE SI VUOLE PROTEZIONE 
DEI DATI BISOGNA PAGARE”

Siamo arrivati al punto che per avere la privacy sui profili social tocca pagare. Questo è ciò che ha fatto capire Mark Zuckerberg, CEO di Facebook. Il ricchissimo americano ha infatti, alla luce dell’ultimo scandalo di Cambridge Analytica, proposto di fare versione a pagamento e quella gratis. Quali sono le differenze? La privacy. Se la vuoi la paghi, sennò fai la fine degli 87 milioni di utenti che in tutto il mondo, in questi mesi, sono stati vittime di hackeraggi utilizzati per studi x, 
senza aver mai dato l’autorizzazione.

La dichiarazione di Mark Zuckerberg
“Internet sta diventando sempre più importante nella vita delle persone in tutto il mondo, credo sia inevitabile la necessità di alcune regole, ma bisogna fare attenzione”, ha dichiarato Zuckemberg davanti alla Commissione Energia e Commercio americana, ammettendo che anche i suoi dati sono stati violati. “Tali regole potrebbero essere facilmente rispettate da una grande azienda come la nostra, ma potrebbero mettere in difficoltà le piccole start up”, ha continuato.

Verrebbe da chiedersi se serva pagare per aver diritto alla privacy, ma anche se sia così necessario mettersi alla mercè di un profilo social che si voglia o meno dà possibilità, anche a sconosciuti con buone conoscenze informatiche, di conoscere i dati sensibili di chiunque. Basterebbe far caso a quando si effettuano ricerche su Google, in automatico su Facebook si trovano pubblicità inerenti ciò che si è cercato poco prima. Ma non solo, sembrerebbe infatti che le violazioni abbiano trovato le porte aperte di molti utenti che hanno scaricato diverse App che, in qualche modo, hanno fatto da spartiacque.

La difesa di Cambridge Analytica
Dal lato Cambridge Analytica è arrivata la risposta e la difesa:“Non abbiamo hackerato Facebook né infranto le leggi. Non abbiamo influenzato il referendum sulla Brexit, raccogliamo dati solo con il consenso informato, stiamo conducendo un’indagine indipendente per dimostrare che non possediamo alcun dato, di cui condivideremo i risultati”. Successivamente l’azienda ha sottolineato di aver ricevuto le informazioni, su licenza, dalla società di ricerca General Science Research che le ha ottenute legalmente tramite uno strumento fornito da Facebook. Così come anche altre aziende di dati. Inoltre, ha messo il punto sulla questione Donald Trump in quanto la compagnia ha usato dati pubblici e ha fornito sondaggi, analisi e marketing digitale, metodi utilizzati per altre campagne elettorali come quelle di Obama e della Clinton.

Il business dei social network
Le scuse del Ceo Facebook, mandate in onda sulle maggiori reti internazionali, non sono bastate.
Molti utenti si sono ribellati e hanno eliminato l’account per  protesta. Sono in circolazione diversi gruppi di haters che invitano a boicottare Facebook e Instagram.
Tuttavia è difficile, se non impossibile, pensare a un mondo contemporeneo in assenza dei social network e non perchè diventerebbe complicato rimanere in contatto con amici e parenti. No. Il vero motivo è che ad oggi Facebook, Instagram, Twitter e Linkedin sono mezzi di commercio a tutti gli effetti. Sono tante se non tutte, le aziende che si appoggiano alle piattaforme di networking per assumere e controllare i competitor. Pubblicità, sponsor e soldi, tanti soldi che girano intorno ai like, commenti e condivisioni.
Un mondo virtuale che, frasi pressapochiste a parte, sta diventando più reale che mai. Un esempio delle dinamiche social non può che essere Chiara Ferragni. La 30enne cremonese ha inizato a ‘postare’ alcuni suoi outfit in un blog nel 2009 e nel giro di quasi 10 anni è considerata la più ricca e conosciuta influencer del mondo, contando oltre 10 milioni di ‘followers’ su Instagram.
Non è quindi peregrino dire che con i social network sono nate nuove professioni lavorative, master universitari, corsi di formazione e d’aggiornamento.
Prima o poi, però, a quanto pare il prezzo del “condividere” a tutti i costi 
la vita sui social ha il suo prezzo.

Dalla privacy alla pubblicità, dal monopolio alla neutralità, cosa hanno chiesto i senatori a Mark Zuckerberg e come ha reagito contro 44 senatori... 




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Protezione della Privacy


giovedì 12 aprile 2018

Alcune regole per star bene in Ufficio



Il futuro dell'occupazione è sempre più rivolto allo smart working e alla flessibilità degli spazi, ma la maggior parte dei lavoratori spende ancora gran parte del proprio tempo nell’ambiente di lavoro. È per questo che Michael Page, brand di P.G. specializzato nella selezione di professionisti qualificati di middle e top management, stila 8 consigli per star bene in ufficio. Le regole sono semplici indicazioni e su tutte, ricorda Michael Page, rimane il principio di mantenere un punto di osservazione oggettivo del proprio lavoro: periodicamente è necessario staccarsi dalla quotidianità e osservare le dinamiche che vengono messe in pratica alla scrivania cercando di trarne degli spunti che possano migliorare il proprio benessere e magari rendere più efficaci le mansioni quotidiane.

1. Attenzione a ciò che ci circonda. L’ambiente è un fattore molto importante per riuscire ad essere produttivi e a proprio agio. Alcuni piccoli consigli sono di personalizzare la postazione di lavoro per incrementare il benessere mentale, avere delle piante ed elementi naturali per aumentare l’attenzione e avere a portata di mano lavagne a muro e pennarelli per la stimolazione di produzione di idee.

2. Gestire il tempo. Creare una 'to do list' basata sulle priorità della giornata permette di aumentare la concentrazione e riuscire a focalizzarsi sugli obiettivi per rispettare le scadenze. È importante avere sott’occhio i diversi compiti che bisogna svolgere in modo da non rischiare di dimenticare richieste o non rispettare deadline.

3. Trovare l’equilibrio. È necessario cercare di comprendere quali sono le proprie difficoltà e trovare delle possibili soluzioni per risolverle; in molti casi basta imparare a gestire bene i carichi in modo da non caricarsi troppo un giorno per poi rimanere scoperti quello successivo, aiuterà anche a rispettare gli orari prefissati, in quanto possibile. Ad esempio, le email possono attendere fino al mattino seguente mentre il benessere personale deve essere una priorità per il dipendente.

4. Ricordarsi della pausa. A beneficio del benessere fisico, del lavoro e delle relazioni con i colleghi, bisogna mantenere regolari pause, pranzo e/o caffè, ad esempio è necessario far riposare gli occhi distogliendo lo sguardo dagli schermi regolarmente. Inoltre, può essere utile fare una passeggiata post pranzo per recuperare freschezza mentale, in modo da approcciare nel miglior modo possibile il prossimo progetto su cui si andrà a lavorare.

5. Parlare con i colleghi. Le relazioni sociali sono di vitale importanza per il benessere delle persone. Piuttosto che scrivere una mail, è consigliato parlare personalmente ai colleghi, l’interazione 'vis à vis' permette una migliore comprensione di una situazione, inoltre il confronto in situazioni complesse potrebbe portare un valore aggiunto: non bisogna aver paura di chiedere un parere, un’opinione esterna è sempre utile.

6. Farsi guidare dalla passione. Essere appassionati di ciò che si svolge a lavoro è importante per il benessere e l’equilibrio della persona. È importante, infatti, trovare elementi considerati veramente d’interesse per migliorare il coinvolgimento nel proprio lavoro, anche se è normale non provare entusiasmo per tutti i compiti che ci vengono affidati. Oltre alla passione in ufficio, non bisogna dimenticarsi di seguire le proprie inclinazioni nel tempo libero e dedicare dei momenti a essi cercando di staccare totalmente dai problemi di business.

7. Lavorare da remoto. Se l’azienda lo consente lavorare da remoto, anche solo un paio di ore o un giorno a settimana, permette alle persone di aumentare la soddisfazione e uscire dalla routine dell’ufficio. Avere uno spazio dedicato in casa favorirà la concentrazione e rimanere collegati con i colleghi del team aiuterà a non condizionare la qualità e le tempistiche del lavoro.

8. Assumere una posizione corretta. Quando si è seduti alla scrivania bisogna assumere una posizione adatta: bisogna mantenere in asse la parte inferiore della schiena, appoggiare i piedi sul pavimento e avere gli avanbracci paralleli al pavimento quando si utilizza la tastiera del computer. L’attenzione ad assumere una corretta postura ogni giorno aiuta a rendere la posizione automatica 
e salvaguarda la salute.



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1 utente su 3 non distingue Spot da News


 Un utente italiano su tre non distingue sui social media la pubblicità dai contenuti. E il 75% di quelli che visita YouTube considera gli spot fastidiosi. Sono alcuni dati contenuti nella ricerca di Blogmeter 'Italiani e social media' condotta su un campione di 1500 persone tra i 15 e i 64 anni. La società di analisi identifica due tipologie di social, quelli di cittadinanza che usiamo più volte a settimana e quelli funzionali che vengono usati per esigenze specifiche. Nella prima categoria Facebook è il più usato con l'84%, seguito da YouTube e Instagram. WhatsApp non viene considerato una chat ma un social a tutti gli effetti ed è usato dal 94%. 
I principali social funzionali risultano Trip Advisor e Messenger.

Come usano gli italiani queste piattaforme? Dalla ricerca emerge che il 42% degli intervistati si limita a leggere i contenuti altrui, il 13% scrive propri post senza attenzione a quelli di altre persone. Riguardo la Generazione Z, quella tra i 15 e i 24 anni: il 95% usa WhatsApp tutti i giorni.



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mercoledì 11 aprile 2018

Audizione di Mark Zuckerberg al Senato Americano


Dalla privacy alla pubblicità, dal monopolio alla neutralità, cosa hanno chiesto i senatori a Mark Zuckerberg e come ha reagito il ceo di Facebook
Mark Zuckerberg contro 44 senatori. Il ceo di Facebook arriva nella sala dell’audizione del Senato, gremita di fotografi e giornalisti, in un completo blu che non passa inosservato. È teso, gli occhi sbarrati. I fotografi lo accerchiano.

La sua memoria difensiva era già nota, Zuckerberg è pronto a scusarsi e mostrare i passi che la sua azienda è pronta a compiere. Il 33enne non è mai stato brillante in pubblico e non lo è neanche davanti ai senatori, ma le sue risposte convincono Wall Street: le azioni di Facebook salgono già durante la prima delle quattro interminabili ore passate nella stanza dei bottoni.

Il cambiamento filosofico
Zuckerberg ricorda più volte, rispondendo a diverse domande, di aver creato Facebook nella camera del suo dormitorio, quasi a giustificarsi implicitamente per gli errori da ragazzino. Una mossa probabilmente studiata per sembrare più umano, più simpatico. Ma Zuckerberg parla anche di un “cambiamento filosofico più ampio” da parte della sua azienda.

“Non è sufficiente costruire strumenti, dobbiamo assicurarci che vengano utilizzati a fin di bene”.

Il ceo risponde a un altro senatore dicendo “Sono d’accordo, siamo responsabili del contenuto” della piattaforma. Una posizione non scontata, visto che da sempre le aziende tecnologiche tendono a presentarsi come mere piattaforme neutrali e non media company. Qualche ora dopo, il ceo torna sul tema: “Io considero Facebook una tech company, non una media company, perché è vero che siamo responsabili del contenuto, ma non lo produciamo noi“.

Il concetto di neutralità è un tema molto scivoloso. Il senatore repubblicano Ted Cruz incalza Zuckerberg sul tema, indicando una serie di pagine vicine ai conservatori censurate nel passato. “Siete o non siete una piattaforma neutrale? Qual è la posizione politica dei dipendenti che fanno moderazione?”. Domanda formulata malamente e quindi, com’è giusto, risposta non pervenuta.

Il monopolio
“Se non voglio comprare una Chevrolet, compro un’altra auto. Ma se non voglio usare Facebook, cosa uso? Quali sono i vostri concorrenti?”. Il senatore Graham fa questa domanda a Zuckerberg, ma quando il ceo inizia a elencare le tre categorie di differenti avversari di Facebook, il senatore incalza “Non le sembra di essere in un monopolio?“. Zuck risponde a bruciapelo “A me non sembra proprio“. Ma lo fa con una tale genuinità da strappare una risata al pubblico. Non sarà l’unica del pomeriggio.

Senatore, abbiamo le pubblicità
Il primo sorriso di Mark Zuckerberg arriva dopo circa un’ora dall’inizio del suo incubo. Un senatore gli chiede conto delle dichiarazioni di Sheryl Sandberg, che in un’intervista faceva intendere la possibilità di mettere la piattaforma a pagamento.

“Ci sarà sempre una versione di Facebook gratuita”, rassicura il ceo, non senza una certa ambiguità (significa che stanno pensando anche una versione a pagamento?). Il senatore riprende chiedendosi come faranno a gestire la piattaforma. La risposta arriva con un sorriso: “Senatore, abbiamo le pubblicità”. Non era difficile la risposta: è anche il motivo per cui tutto questo sta succedendo.

L’ipotesi di complotto
Arrivati alla quarta ora di audizione, poco prima che un senatore gli dica che il contratto con gli utenti “fa schifo” ed è il caso di “riscriverlo in inglese e non in swahili“, Zuckerberg si trova a dover rispondere a un’altra patata bollente: è vero che Facebook ti ascolta attraverso il microfono e usa i dati per le pubblicità? “È una teoria complottista. Non lo facciamo“, risponde secco il ceo.

Il Gdpr
Ovviamente il Regolamento Europeo per la protezione dei dati compare fra le domande dei senatori. Zuckerberg viene incalzato parecchio e chiarisce nuovamente che l’impalcatura del Gdpr sarà utilizzata anche fuori dall’Unione Europea. Non proprio uguale “perché negli Stati Uniti abbiamo una sensibilità diversa“, dice Zuckerberg.

E nessuna legge EUROPEA lo obbligherà a farlo.

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sabato 7 aprile 2018

Facebook è Gratis ma il Prodotto sei TU



Scandalo Cambridge Analytica,
 parla Facebook:
 "I profili social coinvolti sono 87 milioni".

Mark Zuckerberg, a capo del social, stabilisce quindi una volta per tutte quanti profili "potrebbero esser stai raggiunti da Cambridge Analytica" soprattutto per influenzare il risultato delle elezioni presidenziali americane. E sono ben più dei 50 milioni ipotizzati. 
E fra questi ci sono 214 mila italiani. Il 9 aprile sapremo chi è stato coinvolto.


Facebook è Gratis ma il Prodotto sei TU 
che accetti Termini e Condizioni Senza Leggerle 
anche perchè sono scritte talmente in piccolo che è impossibile.

Facebook ritiene che Cambridge Analytica, la società usata anche da Trump per la sua campagna elettorale, possa aver avuto accesso ai dati di 87 milioni di utenti della propria piattaforma, contro i 50 finora ammessi. E' una delle comunicazioni fatte da Mike Schroepfer, chief technology officer di Fb, nell'annunciare una serie di restrizioni del social media 
per proteggere meglio i dati personali dei propri utenti.


"In totale, crediamo che le informazioni di Facebook di 87 milioni di persone, prevalentemente in Usa, possano essere state impropriamente condivise con Cambridge Analytica", scrive Schroepfer.

Sono gli americani, con 70.632.350 milioni di utenti (81,6%), a fare la parte del leone negli 87 milioni di profili Facebook usati impropriamente per scopi elettorali da Cambridge Analytica. Lo riferisce Facebook. Nella classifica seguono i filippini (1,4%), gli indonesiani (1,3%), i britannici (1,2%), i messicani (0,9%), i canadesi (0,7%), gli indiani (0,6%), i brasiliani (0,5%), i vietnamiti (0,5%) e gli australiani (0,4%).

Sono 214.134 gli utenti italiani potenzialmente coinvolti nella vicenda Facebook-Cambridge Analytica. Lo rende noto il social media di Mark Zuckerberg. Il dato si ricava sommando il numero le persone(57)che hanno istallato l'app di Aleksandr Kogan - il ricercatore di Cambridge Analytica - e gli amici potenzialmente impattati (214.077).


MARK ZUCKERBERG, a due settimane dall'esplosione fragorosa del caso Cambridge Analytica, dà i suoi numeri. I profili di Facebook usati dalla compagnia inglese per inviare messaggi di propaganda elettorale pro Donald Trump non sarebbero 50 milioni, ma ben 87 milioni. Alla cifra di 50 milioni si era arrivati partendo dai 270 mila account ottenuti dall'app dell'accademico Aleksandr Kogan intitolata This is Your Digital Life, poi acquisiti dalla Cambridge Analytica. A loro volta, grazie alla rete di amicizie, avrebbero portato ad ottenere dati di decine di milioni di elettori. E ora Facebook conferma: sono 87 milioni. E fra questi ci sono 214 mila italiani. Sono i 57 che hanno istallato l'app di Kogan e la loro rete di amicizie, per un totale di 214,123 utenti di Facebook. Il social avviserà a partire da lunedì 9 aprile tutti gli utenti i cui dati sono stati "violati" nell'affaire Cambridge Analytica.
Scandalo Cambridge Analytica, parla Facebook: "I profili social coinvolti sono 87 milioni"
Il numero di profili Facebook che potrebbero esser finiti nelle mani di Cambridge Analytica


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"E' una stima in eccesso", spiega Zuckerberg. "Sulla efficacia dei messaggi e sul tipo di dati che Analytica ha avuto, stiamo ancora indagando e ci vorrà del tempo. Ma per ora possiamo dire che quello è il numero di persone che in teoria potrebbero esser state raggiunte".  Sulla reale capacità del cosiddetto "micro targeting", i messaggi personalizzati, i dubbi in effetti sono tanti. Ma anche nel caso si tratti di una tecnica poco efficace, a Facebook si contesta l'aver lasciato che altre compagnie fino al 2014 abbiano potuto appropriarsi di così tante informazioni sugli utenti. "La vita è imparare dai propri errori. Nessuno aveva mai costruito una realtà come Facebook, non siamo perfetti, ma è un servizio usato da molti in maniera positiva", si difende il fondatore del social network.

Zuckerberg annuncia nuove contromisure. Spiega che sono stati bloccati per la prima volta i troll russi e che dal 2016 la compagnia sta lavorando senza sosta per evitare che tornate elettorali importanti in tutto il mondo vengano condizionate. Messico, Brasile, Germania... "Abbiamo 15 mila persone che ci lavorano che presto diverranno 20 mila. Ma Facebook è un universo complesso. Mi piacerebbe poter dire che fra sei mesi avremmo risolto tutto ma ci vorranno anni. Anche se fra sei mesi si vedranno comunque dei miglioramenti"

Peccato che queste contromisure e restrizioni, sulle api in particolare, siano state introdotte solo adesso. In attesa di vedere i passi in avanti, Zuckerberg intanto dovrà testimoniare di fronte alla Commissione dell'Energia e del Commercio della Camera degli Stati Uniti mercoledì prossimo alle 10, ora della costa est, per parlare di "uso aziendale e della protezione dei dati degli utenti". I parlamentari Greg Walden e Frank Pallone, rispettivamente presidente e membro della commissione, hanno affermato in una dichiarazione che l'udienza "sarà un'occasione importante per far luce sulle critiche questioni sulla privacy dei dati dei consumatori e aiutare tutti gli americani a capire meglio cosa succede alle loro informazioni personali online".

Che Alexander Nix, fino a poco fa a capo capo di Cambridge Analytica, abbia potuto fare quel che ha fatto collaborando con Brad Parscale, numero due per il digitale di Donald Trump, è stupefacente. Altrettanto stupefacente però è che Parscale non sia stato toccato dallo scandalo, ma anzi è stato addirittura promosso, e che nessuno abbiamo chiamato in causa Trump. Segno dei tempi che corrono e del clima che regna negli Stati Uniti.

Scott Stringer, che sul social network ha investito un miliardo di dollari, chiede non a caso le dimissioni dello stesso Zuckerberg mentre Tim Cook, l'amministratore delegato di Apple, ha pensato bene di sfruttare il momento e di unirsi al coro di critiche. Eppure non è da lui che arrivano le considerazioni più taglienti. "Con l'avvento dei colossi del Web non abbiamo visto cambiare la struttura del potere, abbiamo solo assistito al trasferimento di quel potere da certe persone ad altre. E quest'anno abbiamo capito tutti che tali persone sono profondamente incapaci di gestire il potere per il bene di tutti". Parola di Eli Pariser, l'autore di un saggio fondamentale come The Filter Bubble che già nel 2011 aveva puntato il dito sulla macchina dei giganti della Rete. Un'accusa però che riguarda tutta la Silicon Valley e non solo Zuckerberg e Facebook.



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lunedì 2 aprile 2018

Bill Gates: il mio errore più grande Ctrl+alt+Canc


Il fondatore di Microsoft, in un’intervista al B G B Forum (nel corso della quale ha parlato di tutt’altro, in particolare della sua attività di beneficenza e di lotta contro la diffusione dell’AIDS) ha confessato a David R, co-fondatore e amministratore delegato di C. Group, di avere un rimpianto rispetto alla sua vecchia vita da programmatore: “la combinazione Ctrl+alt+Canc: avrei dovuto permettere il riavvio con un tasto solo”. Ha però negato di avere una responsabilità diretta in quello che Rubinstein ha definito ‘una delle questioni più sconcertanti dell’era digitale’, cioè il dover usare tre dita per riavviare un pc o per chiudere un’applicazione che si è ‘piantata’. 

“Chiaramente, le persone coinvolte avrebbero dovuto utilizzare un’altra chiave per questa funzione”. 
Pressato da Rubinstien, ha poi detto: “Non puoi tornare indietro e cambiare le piccole cose nella tua 
vita senza mettere a rischio tutto il resto ”, ma infine si è lasciato andare:

 “Certo.Se potessi fare una piccola modifica, 
vorrei fare questa operazione con un tasto solo”



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