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venerdì 29 maggio 2015

Multa per chi Insulta su Facebook: "100 euro al giorno"



Multa per chi Insulta su Facebook: "100 euro al giorno"

Non toglie gli insulti su Facebook. Il giudice: 100 euro al giorno di multa 
L’estetista contro la parrucchiera rivale in affari 


Attenzione ad offendere qualcuno su Facebook: da oggi potreste pagarla molto cara. Secondo quanto deliberato da un giudice, infatti, gli insulti online potrebbero costare 100 euro per ogni giorno di permanenza sul social network


 Insulti su Facebook? Fate attenzione. Da oggi c'è una sentenza che potrebbe fungere da "pericoloso" precedente: quella con cui un giudice ha imposto il pagamento di una multa da cento euro per ogni giorno in cui gli insulti vengono lasciati online.

La storia arriva da Reggio Emilia, dove una giovane parrucchiera si è rivolta al giudice civile per ottenere la rimozione di alcuni insulti dal social network. La parrucchiera ha deciso di mettere in vendita - oltre che proseguire nella sua attività - anche prodotti di estetica, pubblicizzando la novità proprio su Facebook. Non troppo lontano, nello stesso paese, il post è stato ripreso dal compagno di una estetista che ha il suo negozio lì vicino.

Post ripreso ma ‘caricato’ di insulti, fino all’invito tutt’altro che gentile a “sputarsi in faccia da sola”. La parrucchiera ci è rimasta male, molto male. Ha sporto denuncia ai carabinieri, che hanno intimato all’insultatore da web di rimuovere i post. Primo tentativo andato a vuoto. Il secondo, per vie legali: ma la giurisprudenza non aiuta, non ci sarebbero prove che le cattive parole si riferissero a lei, alla parrucchiera accusata di “concorrenza sleale”.

Ma se la ‘semplice’ diffida alla rimozione ancora non bastava, ci ha pensato il giudice. Soluzione definitiva, e che effettivamente ha funzionato: finché l’insulto non viene rimosso l’accusato dovrà pagare una multa. Cento euro al giorno finché il post non verrà cancellato. Facile immaginare com’è poi finita: il post è subito sparito. Prima che il conto si facesse davvero salato.

 Facebook è per molti uno spazio dove dire quello che salta per la testa, senza limiti. Ma usando scorrettamente i social molti non hanno la percezione dei guai in cui possono incorrere. Così scattano le querele per ingiuria e diffamazione, che tuttavia hanno un ostacolo: non garantiscono la soluzione alla radice, togliere l’offesa.

E non tutti hanno gli strumenti di Selvaggia Lucarelli, la giornalista che giorni fa ha contrattaccato via radio pubblicamente il candidato leghista di un paese del Reggiano che l’aveva insultata sul web. La soluzione l’ha trovata un avvocato di Reggio, Stefano Manfreda, che ha ottenuto in via d’urgenza dal giudice civile Chiara Zompì un’ordinanza innovativa: la rimozione immediata da Facebook dei post dal contenuto offensivo verso una sua cliente e, in caso di non ottemperanza, la multa di cento euro al giorno per ogni giorno di ritardo.

La vittima è una giovane parrucchiera unisex titolare di un negozio in un paese dell’Appennino emiliano che, da noi contattata, così racconta: «Ho sofferto tantissimo quando si è andati sul personale, ci ho pianto». Da 12 anni si fa apprezzare nell’attività di acconciature uomo-donna ma di recente ha deciso di offrire un ulteriore servizio regolarmente autorizzato, la vendita dei prodotti di bellezza, trucchi e make-up. Vendita effettuata non solo da lei ma pure dalla vicina farmacia che nulla ha avuto da ridire. E pure da un negozio gestito in montagna da una estetista. Tutti connessi tramite Facebook.

SUL WEB, in ottobre, la parrucchiera ha pubblicizzato i nuovi prodotti. A questo punto ricostruiamo i fatti così come riportati dalla parte. Sul profilo del compagno dell’estetista viene ripreso il post dei trucchi pubblicato dalla parrucchiera con questo commento: «Ecco a voi la nuova estetista... quando si dice concorrenza spietata...» E ancora: «Vuoi un consiglio... appena puoi sputati in faccia da sola...» Diversi i «like», ciè i «mi piace» compreso quello della estetista.

Segue altro lungo pesante post. Che fare allora? Semplice. La parrucchiera va in caserma a sporgere querela. Il maresciallo chiama il destinatario e lo invita a interrompere la pubblicazione di quelle frasi e a nominare un legale di fiducia. E invece, è il racconto della parte, macchè. I post sono rimasti sul profilo personale. In post successivi, l’obiettivo degli strali diventerà un tale «Edward mani di forbice», il film interpretato da J. Dep.

A QUESTO PUNTO la parrucchiera si rivolge al legale. Vana persino la diffida dell’avvocato: l’interessato sosteneva che non si riferiva a lei. Di qui il ricorso urgente accolto dal giudice. All’udienza, il convenuto non si è presentato. Ma quando ha ricevuto l’ordinanza, con la sorpresa della multa per ogni giorno di futura mancata ottemperanza, ha chiamato il legale e rimosso le frasi. Oltre a dover pagare le spese legali.

di Mike Scullin


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