Tutto cambia perché nulla cambi. La solita storia. Le compagnie di telecomunicazioni saranno obbligate dalla legge di bilancio 2018 a tornare alle bollette mensili, rinunciando a quelle tariffate a 28 giorni,
e a far pagare ai clienti 12 mesi all’anno anziché 13
(come succede adesso fra mille proteste dei consumatori).
Ovviamente le compagnie si adegueranno, perché la legge è legge, non scherziamo; solo che stanno avvertendo i rispettivi clienti che il costo annuale a loro carico resterà invariato, perciò si conteggeranno sì 12 mesi l’anno, ma la spesa totale in un anno non diminuirà. Questo corrisponde, di fatto, a un rincaro della bolletta mensile dell’8,6%.
E molti utenti sono delusi e arrabbiati.
L’Agenzia delle Comunicazioni calcola che l’aggravio imposto, a suo tempo, su milioni di utenti italiani con il mese di 28 giorni era superiore a un miliardo di euro l’anno. Ora, è evidente che il legislatore nell’imporre di eliminare il mese di 28 giorni non intendeva imbellettare le bollette, ma far rientrare quel miliardo e passa nelle tasche dei clienti. La «ratio» era quella. Invece le compagnie stanno definitivamente incorporando nei loro bilanci gli aumenti corrispondenti a quel miliardo.
Precisiamo: il divieto di tariffare a 28 giorni era stato imposto già dall’Agenzia delle Comunicazioni riguardante la sola telefonia fissa, considerata un servizio indispensabile e perciò meritevole di maggior tutela; invece la legge di bilancio non fa distinzioni e perciò l’obbligo di tornare al mese vero, e non di 28 giorni, riguarderà anche i contratti di telefonia mobile
(e le connessioni a Internet nelle due modalità).
Tim, Vodafone e Fastweb hanno annunciato che (ognuna in una data diversa) torneranno agli addebiti mensili, lasciando invariata la spesa annuale; fanno parziale eccezione i due marchi di Wind, dato che il gruppo si è limitato ad annunciare il ritorno alla tariffazione mensile, senza precisare (per adesso) se i clienti dovranno pagare lo stesso.
I giornali stanno ricevendo valanghe di e-mail di protesta. Di fronte a una compagnia che comunica al cliente (in neretto, come se fosse un gran regalo) che «questa variazione di tariffa non comporterà alcun aggravio di costo per te», la reazione dei consumatori varia da «è una colossale presa in giro» a espressioni molto più colorite. In teoria ogni cliente che non accetta il rincaro mensile dell’8,6% è libero di rescindere il contratto con una compagnia telefonica e stipularne uno nuovo con un’altra, ma se tutte le compagnie di telecomunicazione aumentano le tariffe mensili nella stessa misura, questa libertà di cambiare in pratica non esiste. E siccome tutte le compagnie - almeno quelle che si sono espresse finora - stanno effettivamente annunciando il medesimo rincaro, l’associazione di consumatori Codacons ha presentato un esposto all’Antitrust contro un’ipotesi di cartello per limitare la concorrenza. Ci sono state anche reazioni di politici e speriamo che questi si facciano sentire (siamo sotto elezioni).
Che cosa dicono le compagnie? Tim segnala che col nuovo regime fornirà gratis più giga e più servizi; Vodafone osserva che la legge di bilancio non ha sollevato una questione di tariffe ma solo di trasparenza delle medesime, che ora viene meglio garantita; Fastweb definisce le sue offerte «già estremamente competitive»; e Wind sta valutando
se e in che misura adeguare le bollette.
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