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mercoledì 6 giugno 2018

Facebook condivisi Dati con 4 aziende Cinesi

Facebook è gratis ma il Guadagno siamo NOI

Non si placano le polemiche su Facebook.
 Dopo quanto rivelato sugli accordi sottoscritti dal social network con decine di produttori di telefonini e di altri dispositivi elettronici, con relativa condivisione di alcuni dati degli utenti, il quotidiano newyorchese ritorna sulla vicenda. L'azienda fondata da Mark Zuckerberg, ha accordi di condivisione dei dati che risalgono al 2010 con almeno quattro produttori cinesi, compreso un gigante dell'elettronica che ha uno stretto rapporto con il governo di Pechino. Le aziende in questione sono la Huawei, elencata dall'intelligence Usa tra le minacce per la sicurezza nazionale, la Lenovo, Oppo e Tcl. Rappresentanti di Facebook, in un'intervista al quotidiano, hanno riferito che l'accordo con la Huawei verrà interrotto entro la fine di questa settimana.

GLI ACCORDI - Gli accordi con i produttori di telefoni e dispositivi elettronici, che comprendono aziende quali Amazon, Apple, Blackberry e Samsung furono lanciati nel 2007 per spingere gli utenti ad accedere al social network attraverso i propri dispositivi, prima che l'app Facebook per dispositivi mobili fosse messa a punto. Gli accordi consentirono ai produttori di telefoni di fornire sui propri dispositivi caratteristiche simili a Facebook, come rubriche degli amici, 
pulsanti "mi piace" e aggiornamenti di stato.

LE ACCUSE - Ma i partenariati, la cui portata non è stata precedentemente segnalata, sollevano preoccupazioni circa la tutela della privacy della società e la conformità con il decreto di consenso del 2011 della Federal Trade Commission. Facebook ha consentito ai dispositivi di accedere ai dati degli amici degli utenti senza il loro esplicito consenso, anche dopo aver dichiarato che non avrebbe più condiviso tali informazioni con gli estranei. Alcuni creatori di dispositivi potevano recuperare informazioni personali anche da amici degli utenti che ritenevano di aver vietato qualsiasi condivisione, ha rilevato The New York Times.

HUAWEI - In una nota ufficiale Huawei precisa che "come tutti i principali produttori di smartphone, ha lavorato insieme a Facebook per rendere i suoi servizi maggiormente fruibili da parte degli utenti. Huawei non ha mai raccolto né archiviato alcun dato degli utenti di Facebook".

Facebook è gratis ma il Guadagno siamo NOI

Controlla il tuo Profilo 
Scopri se sei stato spiato e i tuoi dati venduti ad aziende, in totale disprezzo della privacy, e magari fai causa, grazie al Codacons. In queste ore Facebook ha diffuso il link attraverso il quale gli iscritti al social network possono verificare se i propri dati e quelli dei propri amici siano stati utilizzati da Cambridge Analytica. Lo ricorda il Codacons che lo definisce “un passo fondamentale ai fini della class action promossa dal Codacons negli Stati Uniti a tutela degli utenti italiani”.
ECCO IL LINK PER SCOPRIRLO E FARE CAUSA.


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sabato 7 aprile 2018

Facebook è Gratis ma il Prodotto sei TU



Scandalo Cambridge Analytica,
 parla Facebook:
 "I profili social coinvolti sono 87 milioni".

Mark Zuckerberg, a capo del social, stabilisce quindi una volta per tutte quanti profili "potrebbero esser stai raggiunti da Cambridge Analytica" soprattutto per influenzare il risultato delle elezioni presidenziali americane. E sono ben più dei 50 milioni ipotizzati. 
E fra questi ci sono 214 mila italiani. Il 9 aprile sapremo chi è stato coinvolto.


Facebook è Gratis ma il Prodotto sei TU 
che accetti Termini e Condizioni Senza Leggerle 
anche perchè sono scritte talmente in piccolo che è impossibile.

Facebook ritiene che Cambridge Analytica, la società usata anche da Trump per la sua campagna elettorale, possa aver avuto accesso ai dati di 87 milioni di utenti della propria piattaforma, contro i 50 finora ammessi. E' una delle comunicazioni fatte da Mike Schroepfer, chief technology officer di Fb, nell'annunciare una serie di restrizioni del social media 
per proteggere meglio i dati personali dei propri utenti.


"In totale, crediamo che le informazioni di Facebook di 87 milioni di persone, prevalentemente in Usa, possano essere state impropriamente condivise con Cambridge Analytica", scrive Schroepfer.

Sono gli americani, con 70.632.350 milioni di utenti (81,6%), a fare la parte del leone negli 87 milioni di profili Facebook usati impropriamente per scopi elettorali da Cambridge Analytica. Lo riferisce Facebook. Nella classifica seguono i filippini (1,4%), gli indonesiani (1,3%), i britannici (1,2%), i messicani (0,9%), i canadesi (0,7%), gli indiani (0,6%), i brasiliani (0,5%), i vietnamiti (0,5%) e gli australiani (0,4%).

Sono 214.134 gli utenti italiani potenzialmente coinvolti nella vicenda Facebook-Cambridge Analytica. Lo rende noto il social media di Mark Zuckerberg. Il dato si ricava sommando il numero le persone(57)che hanno istallato l'app di Aleksandr Kogan - il ricercatore di Cambridge Analytica - e gli amici potenzialmente impattati (214.077).


MARK ZUCKERBERG, a due settimane dall'esplosione fragorosa del caso Cambridge Analytica, dà i suoi numeri. I profili di Facebook usati dalla compagnia inglese per inviare messaggi di propaganda elettorale pro Donald Trump non sarebbero 50 milioni, ma ben 87 milioni. Alla cifra di 50 milioni si era arrivati partendo dai 270 mila account ottenuti dall'app dell'accademico Aleksandr Kogan intitolata This is Your Digital Life, poi acquisiti dalla Cambridge Analytica. A loro volta, grazie alla rete di amicizie, avrebbero portato ad ottenere dati di decine di milioni di elettori. E ora Facebook conferma: sono 87 milioni. E fra questi ci sono 214 mila italiani. Sono i 57 che hanno istallato l'app di Kogan e la loro rete di amicizie, per un totale di 214,123 utenti di Facebook. Il social avviserà a partire da lunedì 9 aprile tutti gli utenti i cui dati sono stati "violati" nell'affaire Cambridge Analytica.
Scandalo Cambridge Analytica, parla Facebook: "I profili social coinvolti sono 87 milioni"
Il numero di profili Facebook che potrebbero esser finiti nelle mani di Cambridge Analytica


Condividi e metti MI PIACE 
"E' una stima in eccesso", spiega Zuckerberg. "Sulla efficacia dei messaggi e sul tipo di dati che Analytica ha avuto, stiamo ancora indagando e ci vorrà del tempo. Ma per ora possiamo dire che quello è il numero di persone che in teoria potrebbero esser state raggiunte".  Sulla reale capacità del cosiddetto "micro targeting", i messaggi personalizzati, i dubbi in effetti sono tanti. Ma anche nel caso si tratti di una tecnica poco efficace, a Facebook si contesta l'aver lasciato che altre compagnie fino al 2014 abbiano potuto appropriarsi di così tante informazioni sugli utenti. "La vita è imparare dai propri errori. Nessuno aveva mai costruito una realtà come Facebook, non siamo perfetti, ma è un servizio usato da molti in maniera positiva", si difende il fondatore del social network.

Zuckerberg annuncia nuove contromisure. Spiega che sono stati bloccati per la prima volta i troll russi e che dal 2016 la compagnia sta lavorando senza sosta per evitare che tornate elettorali importanti in tutto il mondo vengano condizionate. Messico, Brasile, Germania... "Abbiamo 15 mila persone che ci lavorano che presto diverranno 20 mila. Ma Facebook è un universo complesso. Mi piacerebbe poter dire che fra sei mesi avremmo risolto tutto ma ci vorranno anni. Anche se fra sei mesi si vedranno comunque dei miglioramenti"

Peccato che queste contromisure e restrizioni, sulle api in particolare, siano state introdotte solo adesso. In attesa di vedere i passi in avanti, Zuckerberg intanto dovrà testimoniare di fronte alla Commissione dell'Energia e del Commercio della Camera degli Stati Uniti mercoledì prossimo alle 10, ora della costa est, per parlare di "uso aziendale e della protezione dei dati degli utenti". I parlamentari Greg Walden e Frank Pallone, rispettivamente presidente e membro della commissione, hanno affermato in una dichiarazione che l'udienza "sarà un'occasione importante per far luce sulle critiche questioni sulla privacy dei dati dei consumatori e aiutare tutti gli americani a capire meglio cosa succede alle loro informazioni personali online".

Che Alexander Nix, fino a poco fa a capo capo di Cambridge Analytica, abbia potuto fare quel che ha fatto collaborando con Brad Parscale, numero due per il digitale di Donald Trump, è stupefacente. Altrettanto stupefacente però è che Parscale non sia stato toccato dallo scandalo, ma anzi è stato addirittura promosso, e che nessuno abbiamo chiamato in causa Trump. Segno dei tempi che corrono e del clima che regna negli Stati Uniti.

Scott Stringer, che sul social network ha investito un miliardo di dollari, chiede non a caso le dimissioni dello stesso Zuckerberg mentre Tim Cook, l'amministratore delegato di Apple, ha pensato bene di sfruttare il momento e di unirsi al coro di critiche. Eppure non è da lui che arrivano le considerazioni più taglienti. "Con l'avvento dei colossi del Web non abbiamo visto cambiare la struttura del potere, abbiamo solo assistito al trasferimento di quel potere da certe persone ad altre. E quest'anno abbiamo capito tutti che tali persone sono profondamente incapaci di gestire il potere per il bene di tutti". Parola di Eli Pariser, l'autore di un saggio fondamentale come The Filter Bubble che già nel 2011 aveva puntato il dito sulla macchina dei giganti della Rete. Un'accusa però che riguarda tutta la Silicon Valley e non solo Zuckerberg e Facebook.



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sabato 10 ottobre 2015

Facebook Lancia Reactions



La nuova funzione in prova solo in Spagna e Irlanda: 
sei 'emozioni' al posto del vecchio pollice alzato

Addio Like, il "Mi piace" si evolve: domani Facebook lancia Reactions

Non più solo "mi piace", ma sei differenti emozioni per esprimere pareri su status e commenti di Facebook. Arriveranno da domani, prima in Irlanda e Spagna e poi, se il test funzionerà, in tutto il mondo. Chi si aspettava il pollice verso del "non mi piace" avrà molto di più.

La nuova funzione del social network si chiama Reactions. Basterà tenere premuto il tasto "like" per ottenere una barra con sette icone. Oltre al pollice alzato ci saranno un cuore per esprimere amore e le faccine per manifestare una risata, gioia, shock, tristezza e rabbia. Un'ampia gamma di stati d'animo che nelle intenzioni di Facebook arricchirà i commenti e favorirà il dibattito. Sarà anche un modo per misurare le reazioni al proprio status, a una foto o a un video. Sotto il post comparirà infatti un conteggio di ogni singola icona.

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Facebook Meet the new Reactions.


"La gente va su Facebook per condividere un sacco di cose, che siano felici, tristi, provocanti, scioccanti o divertenti. E sappiamo che i nostri utenti vorrebbero avere più modi per celebrare, commiserare o ridere insieme. Per questo vogliamo testare Reactions, un'estensione del 'like', per darvi più possibilità di esprimere una reazione a un post, in maniera semplice e veloce", ha spiegato il responsabile dei prodotti di Menlo Park, Chris Tosswell.

Mark Zuckerberg ci aveva avvertiti. Qualche settimana fa aveva rivelato che la sua creatura stava lavorando a un'icona alternativa al "mi piace". Tutti avevano pensato al "dislike", ma lo stesso Zuckerberg aveva poi precisato: "Non volevamo solo costruire un tasto 'non mi piace' perché non vogliamo trasformare Facebook in un forum dove la gente vota sì o no ai post degli altri. Non è il tipo di comunità che vogliamo creare".

Ma in futuro, se proprio si vorrà commentare in modo negativo, si potrà usare la faccina rossa con gli occhi strizzati (la rabbia). E il prossimo passo potrebbe forse essere l'hug button, l'icona dell'abbraccio, che il fondatore del social network ha precedentemente ventilato.

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martedì 11 agosto 2015

Facebook: Ecco Cosa Accade se Metti Mi Piace a Tutto


L’esperimento in Facebook

 Ecco cosa accade se metti Mi Piace a tutto

Mat Hanon, redattore di Wired, ha effettuato un esperimento su Facebook: per 48 ore di fila non ha
fatto altro che mettere "Mi Piace" a qualunque contenuto. Scopriamo com'è andata.

Immaginate di collegarvi a Facebook e di apprezzare, senza sosta e senza alcuna logica, qualunque
post, foto, video e articolo che vi si para dinnanzi agli occhi nel News Feed. Nella redazione di Wired è stato provato, e i risultati sono stati interessanti.

Tutto è stato meritevole di un Mi Piace, tranne un singolo status in cui un amico di Mat Hanon aveva
accennato alla morte di un caro e, per rispetto, l'esperimento ha subito un'eccezione. Avete presente il disagio che si prova in quei casi, giusto? Un utente pubblica uno status triste, le persone mettono Mi
Piace e l'utente non capisce se il like sia rivolto al godimento nel vedere l'utente triste o a una sorta di
empatia digitale verso quanto scritto nello status. Per ovviare a queste incomprensioni, il redattore di
Wired ha preferito fare una piccola deviazione. Per il resto, ogni contenuto, anche quello più odiato,
insensato, sdolcinato è stato meritevole di un apprezzamento digitale. E per completezza
dell'informazione, ogni qual volta veniva messo un Mi Piace ad un articolo, e Facebook suggeriva ad
Hanon 4 articoli correlati, anche questi primi 4 articoli correlati ricevevano un like.

L'idea di fondo di Hanon era vedere come avrebbe reagito l'EdgeRank, l'algoritmo di Facebook che
regola la rilevanza e il peso dei singoli contenuti e che decide, su base informatica, quali post mostrare all'utente e quali gettare nell'oblio digitale.

FACEBOOK PUNTA DI PIÙ SUL TRAFFICO DA MOBILE - A 24 ore di distanza, Mat ha subito preso atto di un cambiamento enorme: nel connettersi a Facebook da dispositivo mobile, i contenuti umani erano completamente scomparsi dal suo News Feed. Erano rimasti solo brand e post promozionali. Nel connettersi da dispositivo fisso, invece, stante la preminenza dei contenuti aziendali rispetto a quelli umani, erano sopravvissuti alcuni status degli amici.

Questo ha confermato al redattore di Wired quella che, tra gli addetti ai lavori, era una piccola grande verità già appurata: Facebook reputa la navigazione da mobile economicamente più fruttuosa e, per
questo, rispetto a quella da laptop, manipola il proprio algoritmo a tutto favore dell'advertising. Il News Feed di Hanon, sovrastimolato con un dose massiccia di Mi Piace, ha avuto l'innesco finale per gettare nell'oblio totale foto di vacanze e profondi status degli amici. Semplicemente perché, a conti fatti, questi non fanno guadagnare.

Per quanto strano possa sembrare ai meno esperti, no, il News Feed che compare sul vostro cellulare
non è lo stesso che compare sul portatile.

BARRICARSI NELLE PROPRIE CONVINZIONI – La seconda presa di coscienza di Hanon è stata che, nell'aver casualmente apprezzato molti contenuti ideologicamente attinenti all'area di destra,
conservatrice e xenofoba, Facebook aveva iniziato a rispondere promuovendo pagine e contenuti simili.

Il redattore di Wired ha sperimentato sulla propria pelle la cosiddetta logica del "Daily Me" (l'Io
Quotidiano, ndr) teorizzata da Cass Sunstein, ovvero quel meccanismo digitale perverso per cui l'utente finisce per essere circondato dall'eco assordante delle proprie convinzioni, creando idealmente un proprio giornale in cui non si apre mai ad altri punti di vista. Lo sperimentatore, che ha portato il suo News Feed ad un punto massimo di estremismo, ha descritto questa parte con un certo disagio:

"We set up our political and social filter bubbles and they reinforce themselves—the things we read and watch have become hyper-niche and cater to our specific interests." (Creiamo le nostre "bolle" politiche e sociali attraverso i filtri, che ti fanno apparire solo contenuti simili a quelli che hai già visto, così le cose che vediamo sono solo un "iper-nicchia" fatta apposta per noi, ndr)

Il News Feed di Hanon non ha fatto altro che rimpolpare – in linea puramente teorica, essendo solo un esperimento – le convinzioni palesate dall'utente a colpi di Mi Piace. Nella "testa" dell'EdgeRank, come in quella di tutti gli algoritmi che governano i contenuti dei colossi informatici, c'è l'idea che nell'era della personalizzazione perfetta l'utente voglia solo leggere quel che già concerne alla sua area comportamentale e ideologica. Amazon vi suggerirà libri a partire dai comportamenti d'acquisto
precedenti, Facebook vi suggerità contenuti a partire dalle vostre interazioni passate.

L'effetto perverso lo potete immaginare facilmente: l'utente si trincera dinnanzi alle sue credenze e,
come in un guscio ermetico, non riesce a venire a conoscenza di altre opinioni – che è poi la vera
essenza del concetto stesso di pluralismo informativo e di opinione pubblica, il confronto tra punti di
vista diversi. Facebook appaga alla perfezione questo Daily Me, visto che il News Feed appare agli
occhi dei più come un giornale su misura, più che un semplice aggregatore di contenuti. E nel giornale personalizzato l'utente si sente a casa, ideologicamente al sicuro, semplicemente perché i punti di vista opposti sono banditi e l'algoritmo implementa il proprio credo, senza mai metterlo in discussione.

"It reminded me of what can go wrong in society, and why we now often talk at each other instead of to each other." (mi ha ricordato alune cose che possono andare storte in una società, e mi ha fatto pnsare che questo può anche essere il motivo per cui spesso oggi si "parla a", invece di "parlare con", ndr)

Quindi, la prossima volta che in Tv sentirete esimi guru digitali narrare le mirabolanti gesta dei social network nei confronti dell'aumento dell'informazione, ricordatevi della piccola lezione tratta da questo esperimento su Facebook. Solo perché la creatura di Mark Zuckerberg propone più contenuti – di numero -, non vuol dire che informi di più giovani e adulti, visto che l'informazione esprime un concetto di qualità prima che di quantità. Anzi, è molto probabile che Facebook sedimenti idee precostituite alimentando il cameratismo tra utenti che la pensano allo stesso modo e l'odio nei confronti di coloro che non appartengono alla camerata. D'altronde, in un mondo digitale in cui abbiamo deciso di dare le chiavi del cancello agli algoritmi, dobbiamo ammettere che i gatekeeper dell'informazione non siamo più né noi né i giornalisti, bensì chi ci dice, quotidianamente, cosa leggere e cosa non leggere.



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martedì 19 marzo 2013

Facebook: un "mi piace" dice tutto



 È possibile risalire a preferenze sessuali, orientamento politico, etnia e religione di una persona solo analizzando i suoi like. Uno studio su Pnas

Per capire preferenze sessuali, etnia, religione, età e perfino orientamento politico di una persona potrebbe bastare dare uno sguardo su Facebook, ma non al suo profilo: è sufficiente analizzare i mi piace disseminati qua e là sulle varie pagine. A svelare quanto di personale lasciamo più o meno inavvertitamente sul social network attraverso il sistema dei like è uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas), condotto dai ricercatori del Psychometrics Centre di Cambridge e del Microsoft Research Cambridge.

Punto di partenza dell'analisi degli scienziati sono stati gli stessi utenti di Facebook: un campione di 58mila americani che hanno accettato di mettere a disposizione i propri dati (compresi quelli personali registrati sui profili) e le loro preferenze sulle varie pagine del social network ai ricercatori. Questi ultimi, inoltre, hanno anche condotto una serie di test psicometrici sugli utenti. In questo modo, combinando dati dei profili e risultati dei test, gli scienziati hanno costruito un sistema di riferimento per controllare l'accuratezza del loro metodo predittivo che, basandosi unicamente sull'analisi dei like, ha tentato di estrapolare informazioni come etnia, religione e orientamento politico dei volontari.

Il modello dei ricercatori si è mostrato capace di individuare con un'accuratezza dell'88% gli utenti eterosessuali da quelli omossessuali, nel 95% dei casi è riuscito a distinguere gli afro-americani dai caucasici e nell'85% i democratici dai repubblicani. Buoni risultati sono stati ottenuti anche per le previsioni riguardo religione, relazioni e abuso di sostanze: in questi casi, infatti, il modello dei ricercatori ha identificato correttamente cristiani e musulmani, single e utenti impegnati sentimentalmente, e chi faceva o meno uso di sostanze stupefacenti, rispettivamente con un'accuratezza dell'82%, o compresa tra il 65% e il 73%. Perfino se gli utenti fossero o meno figli di separati poteva essere stabilito analizzando i mi piace sul social network (con un'accuratezza del 60%).

Tutte queste informazioni, più o meno consapevolmente disseminate sul Facebook, sono dati preziosi per gli inserzionisti pubblicitari, spiegano gli autori. Ma quanto osservato sottolinea anche quanto della vita privata degli utenti sia facilmente intuibile analizzando le loro attività nel Web. “I consumatori si aspettano giustamente una forte protezione della privacy nei prodotti e nei servizi che usano e questa ricerca”, spiega Thore Graepel della Microsoft Research, tra gli autori dello studio: “potrebbe servire come reminder per i consumatori invitandoli ad avere un attento approccio alla condivisione delle informazioni online, a utilizzare i controlli della privacy e a non condividere contenuti con sconosciuti”. Soprattutto dopo l’arrivo di Graph Search.

 di Anna Lisa Bonfranceschi


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martedì 4 dicembre 2012

Facebook : mi piace o non mi piace

E' così innocuo ckiccare MI PIACE su Facebook?
o è una scelta che può avere conseguenze anche per noi?

Facebook e l'Anima: mi piace o non mi piace?


Enorme lo sviluppo di Facebook che, sia pure condizionato in vari modi dai marpioni che lo hanno inventato, è comunque un grande strumento di comunicazione. Ma forse vale la pena di capirne meglio alcuni meccanismi. In particolare la strana questione del "mi piace".
Non è questo un meccanismo innocuo, ma il suo funzionamento è piuttosto sottile.
Quando riceviamo una nota inviata su Facebook, possiamo commentarla, cliccare "mi piace", e condividerla. Il modo più semplice per mostrare approvazione per la nota è quello più istintivo, che dice "mi piace". Un alto numero di "mi piace" esprime il fatto che una nota ha una certa popolarità. E quindi, se concordiamo con quello che viene scritto, con una immagine o con un filmato, diciamo facilmente "mi piace", come ad attribuirle davanti a tutti validità e credibilità
Poi accade che in molti ci sentiamo a disagio quando nella nota o nell'immagine c'è qualcosa di molto negativo, perché noi vorremmo solo dire che concordiamo con il fatto che la nota metta in evidenza un certo aspetto negativo della realtà. Ma questo non significa che quel fatto negativo "ci piace". Anzi non ci piace per niente.

Ma allora perché continuare ad adoperare questo inadeguato "mi piace"? Non si poteva adoperare: sono d'accordo, condivido, concordo o altro?
Cerchiamo di approfondire alcuni aspetti:
Se potessi cliccare su un tasto che dice sono d'accordo, condivido, concordo... metterei in gioco alcune parti dell'anima o psiche, che sono di tipo superiore, e che sono il frutto di una elaborazione interiore di un qualche tipo. Della quale in qualche modo diventiamo consapevoli e responsabili.
Il meccanismo "mi piace" o "non mi piace" è invece una reazione, un risposta che sorge spontaneamente in noi ogni volta che entriamo in relazione con un qualcosa che si presenta alla nostra attenzione.
Per ogni cosa che entra nella mia vita, sorge un "mi piace" o "non mi piace" automatico. Del sorgere di questa sensazione di piacere o dispiacere noi non siamo responsabili.
Secondo la scienza spirituale noi non siamo responsabili della sensazione di piacere o dispiacere che ci sorge dentro, ma lo siamo di cosa poi facciamo di quella sensazione: questo coinvolge la nostra coscienza.
E da questo lavoro di elaborazione fatto dalla nostra coscienza viene fuori che non tutto quello che ci piace è bene per noi e per le persone, gli esseri e l'ambiente intorno a noi. Ed anche che non tutto quello che non ci piace è necessariamente negativo. Solo un lavoro fatto dalla nostra coscienza, proprio in qualche modo superando e usando il meccanismo spontaneo, ci consente poi di comprendere meglio la realtà e di decidere su cosa fare in modo consapevole.
Se invece di fare questo lavoro ci lasciamo andare alla sensazione iniziale di mi piace o non mi piace, non facciamo altro che far crescere in noi delle aree della nostra psiche che rafforzano l'inconsapevolezza cieca a sfavore della crescita della nostra coscienza.
In qualche modo il tasto mi piace su FB entra sottilmente in questo meccanismo. E lo fa in modo differenziato a seconda del livello di consapevolezza di chi deve scegliere se usarlo e come.
Chi è sufficientemente maturo usa su FB il tasto “mi piace” solo se ha fatto una qualche elaborazione consapevole. Ma se siamo ancora in una fase immatura, o siamo distratti e non particolarmente centrati e dominati dalla "pancia", tendiamo a cliccare sul "mi piace" sulla base della nostra prima reazione emotiva.
E questo non fa altro che rafforzare la nostra parte scarsamente consapevole, legata a sensazioni grezze ed ancora non elaborate.
Quello che avviene ora è che se, ad esempio, un blogger vuole avere grandi risultati, che può "vendere" anche come pubblicità, basta giocare sui sentimenti bassi e forti di chi legge, ed eccitarli con note studiate apposta. In tutti i campi.
Limitandoci alla politica ed all'economia, basta fare attacchi forti a ladri, poteri finanziari, a multinazionali ed eserciti, evitando qualsiasi aspetto positivo sul come impegnarsi per fare del bene, per avere una valanga di "mi piace", accompagnati da lunghissime liste di commenti pieni di turpiloquio grondante odio... Dei “mi piace” che in fondo dicono: "Mi piace il fatto che non mi piace". " Mi piace il fatto che odio queste cose".
Non diciamo che non bisognerebbe indignarsi per quello che non va - che è tanto e che va denunciato chiaramente. Ma pensiamo sia utile sottolineare che si può finire per accentuare l'indignazione trasformandola in onda di odio, evitando quell'esercizio della coscienza che vorrebbe lavorare per trasformare quello che non va in stimolo a fare bene.
Compiacersi del fatto di odiare, fa crescere in noi la componente non amorosa, non consapevole.
Le grandi forze anticoscienza che sono spesso dietro a questi grandi fenomeni sono favorevoli allo sviluppo di ondate di odio per vari motivi:
perché portano all'inazione (perchè esauriamo in quel sentimento molte energie, perchè l'odio ci compiace dando la responsabilità di quello che non va ad altri, e perchè suscitano in noi la sensazione che contro questi terribili e potenti cattivi non si può fare null'altro che odiare), e perché l'odio tiene bloccata la crescita della coscienza. Che si sviluppa unendo l'amore costruttivo ai nostri pensieri.
E poi perchè la nostra parte non cosciente è anche quella più facilmente manipolabile... Basta guidarci verso certe direzioni contando sulla nostra reazione emotiva, non riflessiva e non cosciente, ed il gioco è fatto...
Una volta si chiamavano "strategie per il controllo delle masse"...
Come per tutto quello che ci viene incontro nel web, anche per Facebook vale il criterio che può essere un validissimo strumento di crescita e di comunicazione, ma anche un amplificatore dei nostri sentimenti più bassi. Dipende da quale parte di noi lo usa: la coscienza... o la "pancia"...
Facciamone un grande strumento di crescita!
Detto questo, mi raccomando: continuate "consapevolmente" a cliccare "mi piace" sugli articoli di Coscienzeirete.... :)

Scritto da  Fausto Carotenuto 
 DA:
 http://coscienzeinrete.net/spiritualita/item/944-facebook-e-l-anima-mi-piace-o-non-mi-piace

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-  leggi anche http://cipiri.blogspot.it/2012/10/accesso-ai-profili-facebook.html

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giovedì 24 maggio 2012

Pulsante Mi piace


Pulsante “Mi piace” W3C valido

Che li amiate o no, oggi è difficile ignorare l’importanza dei social widgets per la promozione dei post pubblicati su un blog, sono infatti uno strumento gratuito grazie al quale diffondere i nostri contenuti sui social network più importanti, da Facebook a Twitter, da LinkedIn a Pinterest; purtroppo però gli sharing buttons hanno spesso il difetto di costituire un ostacolo per le procedure di validazione.



Facciamo un esempio, il classico pulsante “Mi piace” del Sito in Blue può essere inserito a corredo di un articolo o di un’altra risorsa utilizzando un codice del genere:
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