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martedì 23 novembre 2010

Wi-fi tra sicurezza e libertà




Wi-fi tra sicurezza e libertà


Nel 2005, il decreto Pisanu ha messo fuori legge le reti wi-fi ad accesso anonimo. L’opposizione alla norma è cresciuta nel tempo, tanto da essere oggi bi-partisan. La soluzione indicata da molti è quella dell'abrogazione tout-court e forse già la settimana prossima il Consiglio dei ministri ne sancirà il superamento. Snellire le procedure che oggi rendono oneroso lo scambio tra sicurezza e accesso è senz’altro necessario. Tuttavia, non basta per arrivare a una diffusione più capillare della rete wi-fi nel nostro paese. Vediamo perché.

I COSTI E I BENEFICI DEL DECRETO PISANU

Sulle reti wi-fi, il decreto Pisanu stabilisce sostanzialmente due cose: impone a chi volesse offrire l’accesso wi-fi di richiedere un’apposita autorizzazione scritta al questore e dispone che i gestori raccolgano i dati anagrafici di tutti coloro che si collegano alla rete. Molti gestori raccolgono i dati a mano rendendo la procedura macchinosa. È innegabile che questi vincoli abbiano comportato tanto dal lato dell’offerta, quanto dal lato della domanda, un significativo aumento dei costi transattivi. D’altra parte, le problematiche di sicurezza permangono: un accesso completamente anonimo può rendere più facile la vita a chi utilizza la rete per scopi non legali. Terrorismo, pedopornografia, violazioni del copyright sono tra questi e i numeri forniti dal ministro Maroni durante il question-time del 27 ottobre non possono essere ignorati. La commissione di questi reati può oggi essere sempre tracciata indipendentemente dal fatto che l’accesso avvenga attraverso reti 3G, adsl o, come nel caso del decreto, wi-fi. L'abolizione delle norme incriminate consentirebbe l’anonimato alle sole connessioni effettuate via wi-fi. Dunque, oltre a creare potenziali problemi di deterrenza e sicurezza, potrebbe finire per generare effetti distorsivi sulla domanda di connessione internet.
Gli oppositori al decreto Pisanu ritengono che le “ragioni della rete” siano più forti di quelle relative alla sicurezza. Ma a ben vedere, sempre nel rispetto del decreto, una apposita circolare del ministero dell’Interno, permette già oggi di adottare meccanismi di tracciamento e autenticazione ai quali sono associati costi transattivi trascurabili. Si può operare una registrazione online da remoto dando un numero di cellulare o una carta di credito e creare un account tracciabile in meno di un minuto. Questi sistemi sono in commercio a costi contenuti. Una loro adozione più capillare, tuttavia, costituisce una condizione necessaria per lo sviluppo della rete wi-fi, ma non sufficiente.

BARRIERE NASCOSTE

Si possono classificare tre tipi di reti wi-fi: a) rete chiusa privata; b) rete aperta e anonima; c) rete aperta non anonima. Il decreto Pisanu ha sostanzialmente messo fuori legge il secondo tipo. Tuttavia, nella maggior parte degli altri paesi, l’utilizzo diffuso del wi-fi è dovuto all’affermazione delle reti di terzo tipo. Si tratta di soluzioni aperte che necessitano però di una registrazione on-line e spesso anche di un pagamento (ad esempio, carta di credito, coupon, skype access). Il vantaggio di queste reti è che sono sicure, estese sul territorio, diffuse nelle strade e affidabili. Ce ne sono persino alcune gratuite in Italia: ad esempio a Roma, a Trento e a Reggio Calabria. Funzionano tutte con sistemi di autenticazione veloce, ancorché rispettosi del decreto Pisanu. Ma sono poche e crediamo sia proprio la mancanza di queste reti che determina il divario con gli altri grandi paesi lamentato dai critici del decreto. Ed è del tutto evidente che non sono le disposizioni sulla tracciabilità previste dal decreto a limitarne la diffusione.
Esistono, infatti, altre barriere rilevanti che impediscono oggi il decollo di reti aperte non anonime. Ne ricordiamo tre che rendono difficile la collocazione degli apparati. La prima riguarda l’iter autorizzativo per l’installazione delle antenne. Se le cose al ministero delle Comunicazioni sembrano ora funzionare bene, altrettanto non si può dire per i regolamenti regionali o comunali. Antenne che in alcune città possono essere installate senza problemi, richiedono processi di autorizzazione lunghissimi o impossibili in altre.
Un secondo problema regolatorio è legato alla tariffazione dell’energia elettrica. La cosa migliore sarebbe installare le antenne su semafori e lampioni perché lì vi sarebbe buona copertura delle strade e soprattutto la presenza di elettricità per alimentare gli apparati. Ebbene, insormontabili - almeno fino ad ora - problemi regolatori legati alle tariffe agevolate per l’illuminazione pubblica impediscono di prelevare la corrente necessaria a meno di non installare un contatore per ogni antenna.
A questo si aggiunge poi un pregiudizio diffuso sulla presunta pericolosità delle emissioni di radiofrequenze. Non entriamo nell’argomento, ma rinviamo in proposito alle pacate linee guida dell’inglese Health Protection Agency.
Insomma, il dibattito sul decreto Pisanu da un lato poggia su un fraintendimento relativo ai costi transattivi, che invece possono essere sensibilmente ridotti adottando tecnologie di autenticazione già disponibili. Dall'altro, tende a sottovalutare il ruolo svolto da altre rilevanti barriere all’entrata. Un suo superamento richiederebbe quindi di eliminare le inutili richieste di autorizzazione al questore per i gestori delle reti; mantenere il sistema di accreditamento promuovendone l’applicazione attraverso i sistemi remoti; snellire e uniformare le procedure di installazione delle antenne (compresa la questione tariffaria per l’energia prelevata da punti quali i lampioni e i semafori); esprimere una parola autorevole circa l'innocuità per la salute di questa tecnologia.
Questa strategia potrebbe risolvere il trade-off tra sicurezza e accesso e generare una concreta possibilità di sviluppo per le reti Ww-fi anche in Italia.

di Antonio Nicita, Matteo Rizzolli

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