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martedì 14 gennaio 2020

Salvini ha il Network di Disinformazione Più Grande d'Italia

Salvini ha il Network di Disinformazione Più Grande d'Italia



Che fine ha fatto la rete di siti e pagine portata alla luce da #Buzzfeed nel 2017? 
È viva e vegeta, ha 
numeri enormi e soprattutto viene condivisa dalla
 #Comunicazione del leader leghista: l'inchiesta di 
Wired“Mai più metodi Bibbiano!”. 
Quando nella tarda serata di sabato 4 gennaio la macchina comunicativa di Matteo Salvini ha rilanciato un articolo della testata MeteoWeek, molti commentatori si sono chiesti da 
dove arrivasse quello strano sito web e perché il leader del primo partito italiano lo considerasse una 
fonte d’informazione attendibile.

Come Salvini tiene in vita il network di disinformazione più grande d'Italia

Per rispondere a entrambe le domande è necessario fare un passo indietro lungo almeno due anni e 
tornare al 21 novembre 2017, il giorno in cui un’inchiesta di Buzzfeed ha rivelato l’esistenza della più vasta rete italiana di siti e pagine Facebook di disinformazione. Una storia dai contorni ormai sbiaditi, ma che appare quantomai utile per comprendere le dinamiche interne alla comunicazione della nuova destra italiana.

L’inchiesta di Buzzfeed
Al centro dell’inchiesta realizzata nel 2017 dai giornalisti Alberto Nardelli e Craig Silverman figuravano Giancarlo Colono e suo fratello Davide, imprenditori romani a capo di Web365 e NextMediaWeb, società a responsabilità limitata che si occupavano di creare e gestire siti internet.

Secondo le informazioni raccolte da Buzzfeed, ai fratelli Colono sarebbero riconducibili almeno 175 
domini registrati, un vero e proprio impero mediatico in miniatura che spazia dal gossip al calciomercato, passando per salute, motori, animali e cinema. Outlet di notizie come tanti, rigorosamente devoti alle logiche del posizionamento su Google e al clickbait, ma che spesso e volentieri finiscono per sfociare 
apertamente nella disinformazione di stampo nazionalista e islamofobico.

Punta di diamante della rete erano Direttanews e iNews24, rispettivamente una testata giornalistica – 
che al momento dell’articolo americano poteva vantare una pagina Facebook verificata da quasi 3 
milioni di fan, oltre che un volume annuale di 5 milioni di condivisioni – e il suo corrispettivo slegato da responsabilità giornalistiche, un “giornale online indipendente” in grado di attrarre un milione e mezzo di seguaci sul social blu grazie a titoli come “Immigrati e malattia: il connubio che tutti stanno nascondendo” e “Caso Weinstein, l’Imam: Se si mettono il velo non verranno molestate”.

In seguito alle informazioni contenute nell’articolo di Buzzfeed, Facebook ha provveduto a sospendere gli account delle due testate, per non meglio precisate “violazioni della policy”.

Il network della disinformazione, oggi
Quasi 800 giorni dopo, la rete di siti e pagine gestita dai fratelli Colono è viva e più in salute che mai. Archiviata la battuta d’arresto seguita all’inchiesta di Buzzfeed, DirettaNews è tornata a guadagnare un discreto – seppur non paragonabile a quello della precedente esperienza – seguito sui social, mentre iNews24 esiste al momento solo come sito web.

Poco male, perché nel frattempo il network si è evoluto, perfezionando la complessità del sistema e 
aumentando i nodi a sua disposizione. Le notizie prodotte dai singoli siti sono ora diffuse attraverso un sottobosco di pagine Facebook apparentemente indipendenti, come E Sti Ca (1,5 milioni di follower) e Curiosauro (1,2 milioni di follower), o dai profili delle componenti più centrali della galassia-Colono, come Calciomercato.it (1,5 milioni di follower) e 
ViaggiNews.com (1,2 milioni di follower).

Una rete che si autoalimenta per aggirare l’oscuramento voluto da Facebook nel 2017, ma che al tempo stesso incrocia il flusso di un altro grande network. È quello della Planet Share di Andrea Caroletti, azienda romana proprietaria di circa 140 domini, che contribuisce al traffico dei Colono condividendo gli articoli attraverso i canali social di siti come Newnotizie.it (760mila follower), Leggilo.org (già al centro di un rapporto di Avaaz, collegato alla pagina Facebook Ma Anche No da 1,1 milioni di follower), Stelledivita.it (1 milione di follower) e Iotibenedico.it (450mila follower).


La ragnatela di pagine che condividono i link di Leggilo.org
Le due organizzazioni appaiono formalmente distinte, ma curiosamente il dominio del sito vetrina di 
Planet Share – oggi non più online – risulta registrato proprio da Web365. Punto d’incontro ufficiale tra i due network è invece La Luce di Maria, pagina Facebook da 1,4 milioni di follower, sito web dedicato alla diffusione di “una corretta informazione”, ma soprattutto associazione culturale no profit presieduta da Andrea Caroletti.

La Luce di Maria è una strana terra di mezzo dedita al culto della Madonna di Medjugorje, che in qualità di associazione si occupa perlopiù di organizzare pellegrinaggi nei luoghi sacri al cattolicesimo più conservatore, ma che online condivide preghiere giornaliere, consigli per combattere il desiderio di masturbazione e articoli decisamente 
antiscientifici su come guarire con digiuno e preghiera.

Tra i collaboratori più stretti troviamo ancora una volta Giancarlo e Davide Colono (che scrive sotto lo pseudonimo “Paolo”), devoti di Medjugorje e assidui frequentatori del paesino bosniaco, nonché i veri artefici della presenza online del sito, nonostante si dichiarino semplici volontari. La pagina Facebook de La Luce di Maria, in ogni caso, funge da nodo centrale di diffusione tanto dei contenuti prodotti dal network Web365, che di quelli firmati Planet Share.

Il caso MeteoWeek
Un mese esatto dopo il clamore suscitato dall’inchiesta di BuzzFeed nasce MeteoWeek, un portale di 
meteo, naturalmente, ma anche di attualità, cronaca, viaggi e spettacolo. Il sito web è gestito dalla solita Planet Share, ma una veloce ricerca su Google restituisce numerosi annunci di lavoro pubblicati a nome di Web365.

In uno di questi, MeteoWeek si dice alla ricerca di un web content editor, per la “stesura di articoli 
originali” della lunghezza minima di 380 parole. Tre articoli al giorno, sei giorni su sette. Compenso 
mensile: 200 euro (da pagare con cadenza trimestrale, nel caso non si disponga di partita Iva).

MeteoWeek ha una propria pagina Facebook, ma il grosso del traffico arriva attraverso la solita rete di pagine che ne rimbalzano i contenuti. Il picco delle condivisioni (e della notorietà) giunge però grazie a Matteo Salvini, che il 4 gennaio decide di riportare in auge il caso Bibbiano
 (proprio come da istruzioni rinvenute a Bologna da Repubblica).


Ceccano, figli sottratti per un disegno incriminato: il pm archivia il caso
Sono tre i bambini strappati a una famiglia di Ceccano dai servizi sociali a causa di un disegno. L'incubo ora è finito, il pm ha archiviato il caso.



L’ex ministro dell’Interno – quarto protagonista di questa storia devoto alla Madonna di Medjugorje – condivide sui propri canali social la disavventura di tre bambini, “sottratti” alla famiglia a causa di un disegno. Il riferimento al cosiddetto “metodo Bibbiano” è esplicitato nel post che correda l’articolo e tira in ballo ancora una volta le responsabilità degli assistenti sociali.

Con una risposta pubblicata su Facebook, l’ordine nazionale degli assistenti sociali ha bollato come 
fake la notizia di MeteoWeek, che parlava di “ordine” arrivato direttamente “dagli assistenti sociali” e, pur non contestando il resto della ricostruzione, ha annunciato querele “quando ci saranno gli estremi, per il senatore e per tutti gli altri che diffondono false notizie”.

La comunicazione leghista, in ogni caso, non è nuova a condivisioni di questo tipo e ha già dimostrato una certa familiarità con i siti della galassia Colono-Caroletti. Prima della new entry MeteoWeek – ormai entrato stabilmente nella rotazione di notizie proposte dallo staff leghista ai membri del gruppo ufficiale di Matteo Salvini – Morisi e colleghi avevano attivamente contribuito al traffico di iNews24 (qui, qui, qui e qui qualche esempio).

Decisamente un bel regalo per un network che, complessivamente, può contare su oltre 14 milioni di 
follower su Facebook. Più di qualsiasi compagnia italiana di media mainstream.

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martedì 26 novembre 2019

Il Paese più Ignorante di tutta Europa e 12esimo nel Mondo

Il Paese più Ignorante di tutta Europa e 12esimo nel Mondo


L’Italia - Il paese più ignorante d’Europa. 
A stabilirlo è l’annuale classifica di IPSOS Mori che mette
 il Belpaese al 12esimo posto nel mondo, 
ma primo in Europa nella “misperceptions”, 
ovvero nella “percezione erronea”. Vediamo di cosa si tratta.

Ogni anno, l’IPSOS Mori, azienda inglese di analisi e ricerca di mercato, stila una classifica, la “Perils of Perception”, letteralmente “Pericoli della Percezione” per stabilire quali siano i popoli più ignoranti al mondo attraverso delle domande che riguardano diversi aspetti della vita.

Per ogni nazione vengono arruolate 11mila persone che diventano il campione d’indagine. A loro vengono sottoposte delle domande per capire la loro percezione della realtà su determinati argomenti; incrociando poi le risposte, si ottiene una classifica dei popoli più ignoranti.

La parola ignoranza quindi non è strettamente legata al livello di istruzione, quanto al rapporto che alcune persone hanno su problemi chiave della società. Infatti, le domande non sono di cultura generale, ma sulla realtà che li circonda.

Facciamo qualche esempio. Viene chiesto agli intervistati se gli omicidi nel proprio paese sono aumentati o diminuiti rispetto al 2000.
“Solo una piccola minoranza di persone pensa che il tasso di omicidi 
sia diminuito nonostante ciò sia vero”, si legge nel rapporto.

O ancora viene chiesto se dopo l’11 settembre ci siano stati più o meno attacchi terroristici
“Pochissime persone pensa che gli attacchi siano in numero minore, 
nonostante questo rappresenti la realtà”, si legge ancora.

Ci sono poi domande sulla percezione dell’immigrazione e ancora sulla 
percentuale di adolescenti che rimangono incinte.
“Tutti i paesi sopravvalutano il numero di nascite di bambini che nascono
 da teenager perché il rapporto è uno su cinque”.

Si parla ancora di vaccini e autismo, di diabete e perfino sul consumo di zucchero. Per esempio, molti nominano Gran Bretagna e Francia tra i paesi che ne consumano di più assieme agli Stati Uniti, nonostante questi due paesi abbiano un consumo bassissimo. Ancora, rapporto con l’alcol, numero di suicidi, qualità della vita, smartphone, numero di veicoli e infine domande 
sull’esistenza o meno di paradiso e inferno.


Quello che ne viene fuori è che gli italiani nella maggior parte dei casi hanno una percezione sbagliata della realtà e tendono a crearsi un mondo parallelo e ciò potrebbe anche derivare dall’uso inconsueto che si fa dei social e del fatto che ormai non si riesca più 
a distinguere notizia falsa da notizia vera.

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sabato 17 marzo 2018

Antitrust Sanziona Telecom Italia per Pratica Commerciale Ingannevole



Antitrust sanziona Telecom Italia per 4,8 milioni Intervento dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato su Telecom Italia Spa, multata per pratica commerciale ingannevole nei confronti dei consumatori sulla fibra ottica. L'azienda di telefonia ricorre al Tar .

L'Antitrust ha sanzionato Telecom Italia S.p.A. per un ammontare complessivo di 4,8 milioni di euro per pubblicità ingannevole relativamente alla fibra ottica. Omettendo un'informazione corretta sui precisi termini dell'offerta proposta, l'azienda ha tratto in inganno i consumatori.  Secondo l'Autorità diretta da Giovanni Pitruzzella, la pratica commerciale posta in essere da Telecom Italia ha violato le norme contenute nel Codice del Consumo. "Nelle campagne pubblicitarie inerenti l'offerta commerciale di connettività in fibra ottica (cartellonistica, sito web, below the line e spot televisivi), Telecom Italia, a fronte del ricorso a claim (promesse) volti a enfatizzare l'utilizzo integrale o esclusivo della fibra ottica e/o il raggiungimento delle massime prestazioni in termini di velocità e affidabilità della connessione, ha omesso di informare adeguatamente i consumatori - si legge nella nota diramata dall'Agcm - circa le reali caratteristiche del servizio offerto e le connesse limitazioni". 

Si tratta in particolare dei limiti geografici di copertura delle varie soluzioni di rete, le differenze di servizi disponibili e di performance in funzione dell'infrastruttura utilizzata per offrire il collegamento in fibra. Per l’Autorità di Piazza Verdi, in conseguenza di tale condotta omissiva e ingannevole, il consumatore, a fronte dell’uso del termine onnicomprensivo “fibra”, non è stato messo nelle condizioni di individuare gli elementi che caratterizzano, in concreto, l’offerta. Le diverse campagne pubblicitarie oggetto del provvedimento hanno, inoltre, secondo l'Antitrust, "omesso o indicato in modo non sufficientemente chiaro che, per raggiungere le massime velocità pubblicizzate, fosse necessario attivare un'opzione aggiuntiva a pagamento. Tale circostanza ha, dunque, vanificato l'indicazione del prezzo dell'offerta contenuta nei claim-promesse principali".  L'assenza di "un'informazione chiara sulle caratteristiche e la qualità del servizio impedisce dunque al consumatore di prendere una decisione consapevole sull'acquisto dell'offerta in fibra. 

La condotta ingannevole e omissiva risulta assumere particolare rilievo in considerazione dell'importanza del settore economico interessato, caratterizzato da modelli di consumo ed esigenze degli utenti che stanno mutando radicalmente a fronte di una crescente offerta di servizi digitali", ha deliberato l'Antitrust. Inoltre l'Autorità ha sottolineato la gravità che discende anche dalla posizione di pesante asimmetria informativa in cui si trova il consumatore di fronte all'acquisto di servizi le cui caratteristiche, di natura complessa, non sono di chiara ed immediata comprensione per l'utente. La società sanzionata ha subito reagito facendo sapere che ricorrerà al Tar del Lazio. Ritenendo del tutto infondata la decisione dell’Autorità Antitrust sia nel merito sia nella quantificazione della sanzione, anche a fronte della fattiva collaborazione che l’azienda ha mostrato durante tutto l’iter del procedimento con l’accoglimento dei suggerimenti proposti dall’Autorità, ha deciso di impugnare la sanzione amministrativa. 

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sabato 18 giugno 2016

Ransomware Colpisce Italia ed Europa


Nell’ultimo mese la minaccia ransomware ha insidiato il 19,3% degli utenti italiani.
La telemetria Live Grid di ESET ha rilevato
 un nuovo picco di infezioni causate dal ransomware. 

JS/Danger.ScriptAttachment, che nelle ultime settimane ha colpito gli internauti di tutta Europa e che in Italia ha minacciato il 19,3% degli utenti. Danger.ScriptAttachment viene distribuito come allegato email che, una volta aperto, scarica e installa differenti varianti di malware, la maggior parte dei quali costituiti da cripto- ransomware; tra questi alcune famiglie ben note, come ad esempio Locky, il cui scopo è quello di crittografare i dati preziosi chiedendo poi centinaia di euro per decriptare i file.


Oltre che in Italia, Danger.ScriptAttachment ha registrato nell’ultimo mese il picco di infezioni in 
Lussemburgo (45,45%), Repubblica Ceca (32,50%), Regno Unito (32,20%) e Paesi Bassi (30,25%).
Con l’11,15% di prevalenza si attesta al secondo posto nella classifica delle minacce in Italia Nemucod, un trojan che reindirizza il browser a uno specifico URL contenente un software malevolo. Il codice del malware viene di solito inserito all’interno di pagine HTML.



JS/Danger.ScriptAttachment– rilevato nel 19,26 % delle infezioni
Al primo posto della top 5 dei malware di maggio 2016 si attesta JS/Danger.ScriptAttachment, un 
temibile ransomware distribuito come allegato email che, una volta aperto, scarica e installa differenti varianti di malware, la maggior parte dei quali costituiti da cripto- ransomware; tra questi alcune famiglie ben note, come ad esempio Locky, il cui scopo è quello di crittografare i dati preziosi chiedendo poi centinaia di euro per decriptare i file. Oltre che in Italia, questo malware ha registrato nell’ultimo mese il picco di infezioni in Lussemburgo (45,45%), Repubblica Ceca (32,50%), Regno Unito (32,20%) e Paesi Bassi (30,25%).


Win32/TrojanDownloader.Nemucod – rilevato nel 11,16 % delle infezioni
Al secondo posto della classifica Win32/TrojanDownloader.Nemucod, un trojan che reindirizza il 
browser a uno specifico URL contenente un software malevolo. Il codice del malware viene di solito 
inserito all’interno di pagine HTML. Il picco di infezioni a livello globale si è registrato nell’ultimo mese in Giappone, dove Nemucod ha colpito il 30,57% degli utenti, mentre in Europa la nazione più colpita è stata il Lussemburgo, con il 21,47% di prevalenza, seguita dalla Repubblica Ceca con il 20,19% di prevalenza.


Win32/Bayrob – rilevato nel 3,4 % delle infezioni
Al terzo posto della top 5 dei malware di maggio 2016 scende Win32/Bayrob, un trojan che si nasconde dietro email fraudolente contenenti file eseguibili che, una volta lanciati, creano una backdoor dalla quale i cybercriminali tengono in ostaggio il PC infetto, rubandone le informazioni sensibili. L’incidenza di Bayrob in Europa è stata particolarmente alta nell’ultimo mese in Spagna (15,45% delle infezioni) e in Austria (13,59% delle infezioni).


JS/Danger.DoubleExtension– rilevato nel 2,82% delle infezioni
Al quarto posto della classifica JS/Danger.DoubleExtension, una famiglia di malware diffusi via email che presentano una doppia estensione per ingannare l'utente. Double Extention rappresenta una 
minaccia in forte crescita in Italia, unico paese a livello mondiale ad esserne attualmente colpito.


Win32/TrojanDownloader.Wauchos - rilevato nell’1,52% delle infezioni
Fanalino di coda nella top 5 di maggio 2016 Win32/TrojanDownloader.Wauchos, un trojan che tenta di scaricare altri malware da Internet e una volta installato diventa eseguibile a ogni avvio del sistema. Può creare ed eseguire un nuovo thread con il suo codice programma e, subito dopo l’istallazione, è in grado di cancellare il file eseguibile originale. Questo trojan acquisisce informazioni e comandi sul sistema operativo, sulle impostazioni di sistema e sull’indirizzo IP del computer da remoto o da Internet. Riesce inoltre ad eseguire programmi e ad aggiungere e cancellare voci dal registro. L’Italia registra la più alta prevalenza a livello Europeo, mentre la più alta prevalenza a livello mondiale si è registrata in Guatemala, (1,66%).

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venerdì 29 aprile 2016

Internet fai da te in ITALIA


Internet fai da te

Può sembrare un’impresa proibitiva, a sentirla raccontare: serve un legale che aiuti a costituire un’associazione, un commercialista, informatici e ingegneri per installare e gestire la rete, bisogna affrontare i burocrati del ministero per autorizzazioni e licenze e i colossi delle telecomunicazioni per acquistare la banda. Impossibile? No. A Verrua Savoia, 1500 abitanti a 50 chilometri da Torino, ci sono riusciti: con un’associazione no profit cui hanno aderito 450 delle 650 famiglie del paese, hanno portato Internet ad alta velocità (ma a bassissimo costo) nelle venti e più borgate tra le colline, da cui le grandi compagnie della rete si tengono alla larga. Non conviene, non rende. E ai cittadini non resta che fare da sé. Come a Verrua, dove hanno fondato la prima associazione in Italia registrata come provider, ovvero un fornitore di servizi Internet. 

La riscossa dei piccoli Comuni contro il divario digitale passa da qui: ieri oltre 300 tra esperti e amministratori locali provenienti da varie parti d’Italia, si sono incontrati per capire come replicare il modello. «Da quando abbiamo fondato l’associazione ho ricevuto più di 2 mila mail», racconta Daniele Trinchero, professore del Politecnico di Torino e fondatore del laboratorio i-Xem, che nel 2010 ha cominciato questa avventura utilizzando materiali di recupero per portare Internet in paese. E poiché la filosofia è diffondere e condividere, Trinchero li ha invitati tutti a Verrua. E ha messo a disposizione tecnici, ingegneri, legali: tutto quel che serve per mettere in piedi un’associazione e diffondere Internet sul territorio. In 300 sono venuti, altri 200 hanno seguito i lavori in streaming.  

Decisi a ribellarsi alla dittatura del «piccolo è svantaggioso». «Nelle nostre valli è facile restare tagliati fuori», racconta Alberto Oss, arrivato da Canezza, in Valsugana. Basta abitare sul versante sbagliato. Con alcuni amici ha messo le sue competenze di informatico al servizio della comunità. In poco tempo l’associazione Gallianetwork è arrivata a servire 100 famiglie: «Ora vorremmo strutturarci, ecco perché siamo qui». Lo stesso vale per Francesco Zitelli, 26 anni, emissario dell’amministrazione appena insediata di Due Carrare, nel Padovano: «Si sono resi conto che la difficoltà di accedere a Internet e al bagaglio di informazioni che diffonde è un problema primario».  

Lomazzo, provincia di Como, ha inviato l’assessore Graziano Polli, Lizzano in Belvedere (Bologna) il consigliere Zeno Tamarri, 24 anni. Altri amministratori sono arrivati dall’Emilia, dalla Toscana, da Latina e da Taranto, oltre che da Liguria e Piemonte. Per non parlare dei singoli cittadini, decisi a tornare a casa con un bagaglio di informazioni da riversare su sindaci diffidenti o poco interessati. «Da noi il Comune ha preso accordi con una società, ma c’è da spendere tanto - , racconta Renato Righini, residente in una frazione di Castello d’Argile nel Bolognese -. Domani tornerò a parlargli, perché si può avere lo stesso a molto meno». A Verrua, con il fai da te,
 una famiglia spende 80 euro l’anno.  

I cittadini si fabbricano la banda larga
Altri otto comuni aderiscono all’associazione che porta Internet a basso costo nelle piccole realtà.



L’idea di fondo è utilizzare materiali a basso costo su cui implementare la tecnologia necessaria a trasmettere il segnale Internet.
Si era capito subito che sarebbe stato un esperimento dirompente: i cittadini che si mettono in proprio per garantirsi un servizio che il mercato fornirebbe solo a condizioni improponibili o comunque piuttosto svantaggiose. Si era capito anche che molti avrebbero seguito l’esempio di Verrua Savoia, 1.477 abitanti a 60 chilometri da Torino, diventato alla fine dello scorso anno il primo comune italiano a essere considerato un provider, ovvero un fornitore di servizi Internet sul modello delle compagnie telefoniche. Nel giro di pochi mesi il modello ha piantato radici e ora mostra i primi germogli. Verrua Savoia ha fatto da apripista, poi si è aggiunto Lamporo, piccola realtà del vercellese, e da qualche giorno altri sette comuni: Brozolo, Brusasco e Cavagnolo, in provincia di Torino; Gabiano Monferrato, Mombello Monferrato, Moncestino, Villamiroglio, in provincia di Alessandria.  

Contro il «digital divide»  
Entro fine anno 3.200 famiglie otterranno una connessione a Internet pagando una cifra quasi irrisoria, 50-80 euro l’anno a seconda dei casi. Gliela fornirà non il Comune (la legge lo vieta) ma un’associazione di cittadini creata ad hoc da un professore del Politecnico. Daniele Trinchero, fondatore del laboratorio i-Xem, qualche anno fa - dopo aver portato Internet a costo zero (o quasi) nei luoghi più remoti, e perciò ignorati dalle grandi aziende di telecomunicazioni, dal Monte Rosa alla foresta amazzonica, alle isole Comore - ha deciso di portarlo anche a casa sua, Verrua Savoia. Un piccolo comune in collina, tra i tanti a scontare il «digital divide» che affligge l’Italia, divisa tra le aree urbane raggiunte dalla banda larga e le piccole realtà, spesso sprovviste.  
L’esperimento è cominciato così: Trinchero, con un gruppo di ricercatori, ha recuperato vecchi pc, schede radio, antenne, e realizzato due ponti radio da quaranta chilometri ciascuno portando la banda larga sul 97% del territorio di Verrua. Quattro anni dopo quel progetto si è trasformato: esaurito il finanziamento del ministero dell’Università e il contributo del Politecnico, è diventato un’associazione composta dai cittadini di Verrua, chiamata «Senza Fili, Senza confini», che oggi fornisce la banda larga a 360 famiglie (su 650) al costo di 50 euro l’anno. Una rivoluzione: nei mesi scorsi ne hanno parlato il New York Times, la Bbc, Al Jazeera. Un apripista per il resto d’Italia: in sei mesi mille comuni hanno scritto o telefonato per chiedere informazioni. E l’associazione dei Digital Champions italiani ha chiesto a Trinchero, che di «Senza Fili Senza Confini» è presidente, di analizzare la replicabilità del modello adottato a Verrua.  

Il modello si estende  
Ed ecco il terzo programma: «Senza Esclusi». Trinchero ha analizzato la situazione: la forbice tra zone urbane e rurali negli ultimi anni si è progressivamente ampliata. All’interno della stessa campagna esiste un divario digitale: anche quando il capoluogo ha accesso alla banda larga quasi mai la connessione raggiunge tutto il territorio, anzi, spesso i piccoli insediamenti ne restano privi. «Senza Esclusi» è un modo per mettere a disposizione le competenze tecniche e l’esperienza accumulata a Verrua. Il primo a testarlo è stato Lamporo, in provincia di Vercelli. Poi si sono aggiunti gli altri sette, per ora inglobati dall’associazione ma solo finché non riusciranno a cavarsela da sé. Altri arriveranno, del resto il bacino potenziale è sterminato: basti pensare che 3.521 degli 8.092 comuni italiani hanno meno di 2 mila abitanti. 


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INTERNET in ITALIA nasce 30 anni fa



Trent'anni fa la Rete in Italia

Il 30 aprile compie 30 anni il primo collegamento italiano alla Rete mondiale.
Trenta aprile 1986: un segnale parte dal centro Cnuce del Cnr di Pisa e arriva - via satellite - al centro di calcolo Roaring Creek in Pennsylvania. E ritorno. Fu quello il primo collegamento a Internet (che allora si chiamava Arpanet) dall'Italia. Una svolta epocale che non fu compresa quasi da nessuno.

Internet in Italia è arrivato dal cielo. Il primo messaggio che ci avrebbe collegato a quella che doveva diventare la grande rete del mondo è partito da Pisa, in via Santa Maria in Via, dove allora c’era la sede di un istituto del Consiglio Nazionale delle Ricerche, il Cnuce. Da lì è passato su un cavo telefonico della Sip (l’attuale Tim) fino alla stazione di Frascati dell’Italcable, la società che gestiva le chiamate internazionali, da dove è stato dirottato al vicino Fucino, in Abruzzo. Qui da un’antenna di Telespazio, ancora oggi in funzione, è stato sparato verso il satellite Intelsat IV, che orbitava sopra l’Atlantico, ed è sceso in picchiata verso la stazione satellitare di Roaring Creek, che la Comsat aveva aperto due anni prima in Pennsylvania. Fu quello il primo collegamento a Internet (che allora si chiamava Arpanet) dall'Italia. Era il 30 aprile 1986. L’Italia si era collegata a Internet. E non se ne accorse nessuno, perchè il mondo in quei giorni era attonito per la tragedia dell’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl, avvenuta quattro giorni prima. Internet non esisteva nella coscienza collettiva. Non esisteva neanche nel comunicato che qualche giorno dopo, con tutta calma, venne predisposto a Pisa. Si parlava di collegamento di Pisa ad Arpanet, la rete che era nata negli Stati Uniti nell’ottobre del 1969 per collegare i computer di molte università americane.



Ma da allora quella rete si era allargata e grazie ad un protocollo progettato nel 1973 in Silicon Valley da Vint Cerf e Bob Kahn, era diventata Internet: una rete di reti.

Oggi viviamo di internet e la nostra vita è cambiata in modi impensabili trent'anni fa. Le comunicazioni, il commercio, l'informazione, non esiste settore della vita odierna che non abbia risentito di quei primi bit d'informazione che passarono inosservati, di cui nessun giornale scelse di parlare. Ma come quei lavoratori del Cnr ricordano quel primo segnale, tutti noi ricordiamo la prima volta che abbiamo fatto accesso alla Rete. Qualcuno con i vecchi modem rumorosi, i più giovani già con il wifi e i telefonini.



LEGGI ANCHE
Il social web di Verrua Savoia: Internet a costo (quasi) zero per tutti.
Primo caso in Italia: un gruppo di cittadini fonda un’associazione no profit con lo scopo di gestire la rete senza bisogno dei tradizionali provider. Il ministero approva: costerà 4 euro al mese.
Cinque anni fa era una sfida: portare Internet là dove i provider non arrivano perché non conviene, c’è troppo poco da guadagnare. Oggi è ben più di un esperimento. È una breccia, una strada aperta che migliaia di comuni potranno replicare. 

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lunedì 1 febbraio 2016

MDD : Movimento per i Diritti dei Disoccupati



MDD : AIUTATECI a Diffondere Questo Gruppo , grazie 
Il Movimento per i Diritti dei Disoccupati, 
si prefigge di portare avanti le istanze dei senza lavoro, nei confronti delle Istituzioni.
 MDD non è un gruppo virtuale, ci riuniamo periodicamente presso
 la Camera del lavoro di Milano.
Sarebbe importante che si formassero altri gruppi in tutte le province lombarde per costituire una 

Federazione Regionale del Movimento, aumentando così la forza contrattuale 
dei disoccupati in Lombardia e volendo anche in altre Regioni ed in
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giovedì 21 gennaio 2016

Multinazionali hanno ricevuto un maxisconto sulle tasse



La Apple ha ricevuto un maxisconto sulle tasse, quelle stesse tasse che sono l'incubo di ogni cittadino italiano diventano dei maxisconti per le multinazionali .

Apple Italia doveva al fisco 880 milioni di euro, a seguito dell'evasione fiscale sull'IRES dal 2008 al 
2013 , la multinazionale ha ricevuto uno sconto del 63.86% sul dovuto e forse verserà (attenzione non ha ancora versato...) SOLO 318 milioni di euro al fisco italiano.

È bastato per l'azienda dichiarare che prodotti venduti nel nostro paese sono stati invece venduti in 
Irlanda, dove la tassazione è bassissima (si pensi che la corporate tax sugli utili è di solo il 12.5%).

Stesso sconto per aziende quali Google, Mediolanum, Amazon, Western Digital.

Per la prima su 800 milioni di euro evasi ne vengono chiesti solo 150, con un maxisconto del 81.25%, alla seconda, la banca italiana del gruppo Fininvest al posto dei 506 milioni di euro dovuti, ne pagherà solo 143, ossia uno sconto del 71.74%.

Ovviamente molto diverso è il trattamento per il piccolo imprenditore: se viene scoperto un reddito non dichiarato e il contribuente accetta un accordo bonario, pagherebbe comunque tra tasse e sanzioni il 133% dell'importo.
Se non dovesse accettare l'accordo, il fisco lo perseguirebbe per fargli pagare dal 200% al 300% 
dell'evasione accertata. Altro che sconti...
Insomma i piccoli artigiani italiani soffocano ma le multinazionali gongolano.

PS.
Ciliegina sulla torta: a difendere la multinazionale della mela nell'accusa di evasione fiscale, una 
persona che avrebbe dovuto difendere invece i cittadini da chi ruba loro i soldi: l'avvocato Paola 
Severino ex ministro della giustizia del governo Monti.



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Sono Web Designer, Web Master e Blogger, creo siti internet e blog personalizzati
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Studio e realizzo i vostri banner pubblicitari con foto e clip animate. 
Mi diletto alla creazione di loghi per negozi , aziende, studi professionali,
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sabato 1 agosto 2015

ITALIA liberalizza il Wi-Fi



Il governo liberalizza il Wi-Fi, Decreto Fare cambiato in extremis

di Alessandro Longo con un'analisi di Luca De Biase

Vittoria per chi tifava per il Wi-Fi libero, ma libero davvero. Ieri sera in Commissione Bilancio alla Camera è riuscito il blitz per modificare l'articolo 10 del Decreto del Fare: ora sono caduti tutti gli obblighi per esercenti, negozi, ristoranti che offrono il Wi-Fi al pubblico. Liberalizzazione, quindi, "quando l'offerta di accesso non costituisce l'attività commerciale prevalente del gestore del servizio".
Ecco quindi l'attuale testo dell'articolo 10:
"L'offerta di accesso alla rete internet al pubblico tramite rete WIFI non richiede l'identificazione personale degli utilizzatori. Quando l'offerta di accesso non costituisce l'attività commerciale prevalente del gestore del servizio, non trovano applicazione l'articolo 25 del codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo 1° gennaio 2003, n.259 e successive modificazioni, e l'articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni".
Analizziamolo. L'obbligo di identificazione era già caduto nel 2011, con la scadenza di alcuni termini del decreto Pisanu (e quindi non è una novità), ma serviva una norma che per prima cosa esplicitasse questo principio e che poi facesse piazza pulita anche di altri obblighi per gli esercenti che offrivano il Wi-Fi: sia quelli del codice delle comunicazioni (che valgono per i provider di internet) sia quelli sopravvissuti nel Pisanu contro il terrorismo. Adesso quindi un esercente, un negozio, un hotel, un ristorante, ma anche una pubblica amministrazione può liberalmente mettere un hot spot, collegarlo alla rete e offrire il servizio. Senza dover tracciare gli utenti, le loro connessioni, fornire account e password, né chiedere autorizzazioni. Il precedente testo del Fare invece chiedeva di tracciare i codici del dispositivo usato per la connessione (computer, tablet o cellulare) imponendo oneri tecnici e burocratici gravosi per qualsiasi esercente.
In realtà resta consigliabile tenere traccia di chi utilizza il nostro hot spot Wi-Fi, anche se non è obbligatorio. Può servire per discriminarsi, nei confronti di indagini di polizia, qualora qualche utente utilizzi la nostra connessione per commettere reati. In altri Paesi europei è capitato che l'esercente fosse considerato corresponsabile, in questo caso. In Germania, una sentenza del maggio 2010 ha dichiarato parzialmente responsabile il proprietario/utente di una rete Wi-Fi che non abbia utilizzato adeguati sistemi di protezione dal rischio di utilizzi abusivi della connessione per finalità illecite. Il caso riguardava lo scambio di file pirata. Stessa casistica nel Regno Unito, dove però è proprio il Digital Economy Act a imporre che siano identificati gli utenti che violano il copyright. La Francia addirittura chiede di tenere per 12 mesi il registro delle connessioni e di fare il possibile per consentire di risalire all'identità degli utenti.
In Italia la normativa non è così esplicita e non c'è una giurisprudenza chiara, in merito. Però già adesso, e da tempo, le principali reti Wi-Fi identificano in modo sicuro gli utenti, via sim del cellulare, quindi il problema è marginale.
Alla fine è prevalsa quindi, comunque, la linea della liberalizzazione su chi- nel ministero dell'Interno, in particolare- voleva imporre alcuni obblighi di tracciabilità degli utenti per favorire le indagini.
Il nuovo testo è vicino a quanto suggerito da Stefano Quintarelli (Scelta Civica), Marco Meloni (PD); ma a quanto risulta ci ha lavorato anche Roberto Sambuco (Capodipartimento Comunicazioni del Mise) con il viceministro Antonio Catricalà. Hanno convinto il relatore Francesco Boccia, in Commissione, a modificare l'articolo 10 togliendo ogni obbligo. Il relatore ha quindi proposto l'emendamento alla Commissione, che l'ha approvato. Adesso resta da vedere il testo definitivo nero su bianco e aspettare la fine dell'iter del decreto, che deve ancora passare alla Camera e poi al Senato. Ma altre sorprese, a questo punto, sono improbabili.




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sabato 25 luglio 2015

Tassa sull’Aria: Lega e Forza Italia Votano SI




La tassa sull’aria condizionata? 

E' Una bufala.

Facciamo chiarezza sulla bufala girata in rete. 
La Lega e Forza Italia protestano, ma hanno votato anche loro la legge
Nessun balzello sulla frescura. La notizia che gira in rete sulla fantomatica tassa da 200 Euro che il governo Renzi vorrebbe e che viene richiesta dall’Europa è l’ennesimo esempio di disinformazione.

Certo, per i siti acchiappa click, fare allarmismo sul caldo in questi giorni è una pesca sin troppo facile. Soprattutto se a cascarci sono alcuni politici come il leader della Lega Matteo Salvini 
che proprio oggi, con un duro post su Facebook,
 ha tuonato contro il premier che “obbedisce a Bruxelles”.
O come il coordinatore regionale di Forza Italia:  Maria Stella Gelmini che sempre...
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sabato 12 ottobre 2013

Network Marketing è una truffa o si Guadagna ?



Ormai è da diversi anni che, anche in Italia, guadagnare con il network marketing è diventato uno dei metodi che si sentono nominare, sempre più frequentemente, quando si parla dei vari sistemi che è possibile utilizzare per guadagnare con internet.

Ma che cosa è il network marketing, conosciuto anche con il nome di multi level marketing? Vediamo di darne una breve definizione, in quanto c’è davvero parecchia confusione a tal riguardo.



Il network marketing è, in pratica, un sistema di vendita di prodotti e servizi basato
 su una rete di venditori

ognuno dei quali ha la possibilità di creare, a sua volta, una propria rete di vendite 
 SENZA INVESTIRE UN EURO IN PUBBLICITA' 
                                                          SI USA IL PASSAPAROLA


Volendo citare le aziende più famose che utilizzano questo sistema di vendita e distribuzione, è impossibile non ricordare almeno queste: Amway, Herbalife, Avon, Xango, eccetera.

Ora, devi sapere che alcune di queste aziende sono sul mercato da decenni. Insomma: da molto prima della nascita di internet. Pertanto il discorso di guadagnare col network marketing non è che nasce grazie al web, perché si tratta di una tipologia di business per certi versi “vecchia” che funzionava da molto tempo anche senza internet.

Forse ti starai chiedendo cosa c’entra, quindi, il network marketing con un sito dedicato ai metodi per guadagnare con internet. C’entra perché, in questi ultimi anni, si è visto un cambiamento del modo di lavorare del multi level marketing che, in maniera netta e decisa, è migrato sempre più dall’offline all’online…

Prima di continuare, facciamo un passo indietro. Devi sapere che in questo sistema di distribuzione ad avere la parte del leone non è tanto il discorso della vendita del prodotto/servzio, che in ogni caso c’è ed ha la sua importanza fondamentale, ma il reclutamento continuo di venditori/distributori (detti networkers) i quali, a loro volta, recluteranno nuovi venditori/distributori e così via…

Quanto appena descritto è l’essenza su cui si basa il network marketing, rispetto ai comuni sistemi di vendita. In pratica: mentre in questi ultimi guadagni commissioni soltanto sulle vendite che sono state generate direttamente da te, nel multi level marketing invece puoi guadagnare sostanziose percentuali anche sul fatturato complessivo generato dalla tua rete di networkers.

Il network marketing può essere fatto rientrare, a ragione, in tutti quei sistemi che si basano sul marketing piramidale tuttavia, a differenza di alcuni modelli illegali come la catena di Sant’Antonio o lo Schema di Ponzi, ( La tecnica prende il nome da Charles Ponzi, un immigrato italiano negli Stati Uniti che divenne famigerato per avere applicato una simile truffa su larga scala nei confronti della comunità di immigrati prima e poi in tutta la nazione. Ponzi non fu il primo a usare questa tecnica, ma ebbe tanto successo da legarvi il suo nome. Con la sua truffa coinvolse infatti 40 000 persone e, partendo dalla modica cifra di due dollari, arrivò a raccoglierne oltre 15 milioni.
Lo schema di Ponzi si è sviluppato nel tempo in varianti più complesse, pur mantenendo la stessa base teorica e continuando a sfruttare l'avidità delle persone. Oggi esistono normative serie al riguardo per cui strutture con questi schemi risultano illegali in ogni parte del mondo tutelando sia l'incolumità delle persone sia quelle aziende che scelgano di avvalersi del marketing multilivello.
Lo schema di Ponzi è tornato alla ribalta internazionale il 12 dicembre 2008, a causa dell'arresto di Bernard Madoff, ex presidente del NASDAQ e uomo molto famoso nell'ambiente di Wall Street. L'accusa nei suoi confronti è di aver creato una truffa compresa tra i 50 e i 65 miliardi di dollari (una delle maggiori della storia degli Stati Uniti) proprio sul modello dello schema di Ponzi, attirando nella sua rete molti fra i maggiori istituti finanziari mondiali. Il 12 marzo 2009 Bernard Madoff si dichiarò colpevole di tutti gli undici capi d'accusa a lui ascritti e fu condannato a 150 anni di carcere. )

 il reddito in questo caso deriva non dall’arruolamento “puro e semplice” di nuove persone all’interno del sistema, ma dal volume di vendite che i vari incaricati riescono a generare.

Quanto appena detto è di fondamentale importanza, poiché spesso vi è molta confusione tra i sistemi legali (come il network marketing) basati sul marketing piramidale e quelli che invece vengono perseguiti dalla legge perché ritenuti, almeno qui in Italia, totalmente illegali.

Vediamo ora quali sono, normalmente, gli step necessari per portare a casa un reddito grazie al network marketing e, inoltre, alcuni punti critici di questo sistema di business:

In genere è difficile che ci si vada a “candidare” spontaneamente all’interno di un’azienda dedita al multi level marketing. La prassi normale è che sia quasi sempre un tuo amico o conoscente che ti contatta, dicendoti che vuole farti scoprire una buona opportunità di guadagno senza investire…

La “scalata” della gerarchia è libera e viene conseguita in base ai tuoi effettivi risultati (in pratica: i fatturati generati).

Teoricamente, puoi salire di grado fino a diventare tu stesso uno dei “grandi capi”. Tuttavia, considera che non si fa mai una vera scalata gerarchica ma, semplicemente, allarghi la base della tua struttura di vendita grazie all’arruolamento di altri venditori/distributori.

Questo significa che, se da incaricato semplice vuoi diventare “advisor” (gestore di un gruppetto), devi reclutare a tua volta degli agenti. E’ anche il motivo per il quale il conoscente ha reclutato te! Guadagnare con il network marketing è davvero possibile?

Salire di grado permette di avere una provvigione dei prodotti che vendi più elevata e, inoltre, ti permette di guadagnare la overhead (maggiorazione) sulle provvigioni dei “tuoi” agenti. Esempio pratico: se tu guadagni il 25% e i tuoi agenti il 20%, tu guadagnerai anche un plus del 5% sui prodotti/servizi che venderanno i tuoi agenti.

Se riesci a salire di 3 o 4 gradini la gerarchia i tuoi guadagni si impennano ma, di conseguenza, la tua struttura deve diventare bella grossa. Se consideri che ogni livello ha bisogno di almeno 3 networkers, per essere al quarto gradino ti occorrono non meno di una cinquantina di agenti di vario livello…

Se ognuno che entra volesse, a sua volta, fare davvero carriera occorrerebbe un numero tale di agenti da superare la popolazione umana! In pratica, salvo rare eccezioni, solo chi entra all’inizio può ambire a stare davvero in alto. Gli altri si accontenteranno, al massimo, di uno o due step di carriera (se proprio ci sanno fare).

Potresti ovviamente reclutare un centinaio di agenti ma, più passa il tempo più il prodotto è venduto è più si va in saturazione di interessati a venderlo… A causa delle considerazioni appena fatte, derivano anche i tipici comportamenti e modi di fare (a volte anche un po’ pesanti) che caratterizzano moltissimi distributori che cercano di guadagnare con il network marketing:

Il tuo diretto superiore (detto in gergo “sponsor”) ti spronerà a fare una lista di persone che dovrai contattare per reclutarle all’interno del network, e/o vendere il prodotto o il servizio.

Fai tutte le chiamate e alla fine, spesso dopo varie insistenze, effettui qualche vendita e magari trovi anche qualche altro incaricato da iscrivere sotto di te.

Tuttavia, dopo aver esaurito la tua lista di contatti, avrai collezionato parecchi “ci devo pensare” e troverai sempre più difficile andare avanti in questo business…

Il tuo sponsor si preoccuperà per il tuoi scarsi risultati e ti dirà di volerti aiutare (il fatto che, aiutandoti, aiuta se stesso è solo una “coincidenza”). Detto questo, al 100% ti inviterà “obbligatoriamente” a un meeting in cui viene il mega direttore.

Vai al meeting e trovi tantissimi altri venditori che magari, un po’ come te, non battono chiodo da settimane. Uno degli advisor sussurra ad un suo agente che forse viene il signor XY, che guadagna un milione di euro al mese e che insegnerà a tutti come fare.

A una ventina di minuti dalla fine del meeting durato 6 ore, dove ti hanno esaltato al massimo, spunta fuori XY che si prende il suo tripudio. Spesso è uno che è entrato tra i primissimi nella struttura e quindi guadagna tanto, perché ha centinaia di agenti sottoposti…

Esci dal meeting gasato e caricato come una molla e inizi a martellare tutti quelli che ti avevano detto “ci devo pensare”. La cosa che vieni subito a scoprire è che quella era una frase elegante per dire “non mi interessa, ma non volevo mandarti a quel paese per non farti rimanere male.”

Inizi a incontrare anche gente palesemente fuori target col prodotto, nella speranza che magari a una persona single che vive in una camera in affitto possa interessare una caldaia per stirare…

Corri dal tuo sponsor riferendo la cattiva notizia e lui ti fa presente che non ti serve vendere per forza ma, visto il tuo particolare caso di persona con zero rapporti sociali, puoi comunque reclutare altra gente e guadagnare su quest’ultimi.

E così rinizia la spasmodica ricerca di agenti fino a quando non ne trovi uno con cui tu stesso rinizierai tutto il ciclo, sopra citato, del network marketing…

Con quello che ho detto non ti sto sconsigliando di fare l’agente, né ti sto dicendo che non si guadagna con questo sistema. Voglio solo farti notare che, se vuoi davvero guadagnare con il network marketing, allora non è così facile come spesso te la dipingono e che, soprattutto, dovrai lavorare in modo professionale e dedicarci tempo ed energie!

…Altrimenti farai la fine della stragrande maggioranza di tutti quelli che ci provano: non solo non guadagnerai un centesimo, ma perderai anche tempo e denaro!

Inoltre, non dare retta a tutti quelli che ti dicono che nel network marketing non devi vendere. Si tratta solo di una sporca bugia! E te la dicono perché SANNO che il 99% della gente detesta vendere e quindi, nascondendoti la verità, sperano di “arruolarti” più facilmente.

In realtà, è proprio il NON essere capaci di vendere che determina il fallimento delle persone che provano a guadagnare col network marketing! Inoltre mettiti in testa che, se vuoi guadagnare veramente, allora dovrai essere un bravo leader del tuo gruppo che sappia formare e impartire i giusti insegnamenti.

Intanto non dare ascolto a nessuno dei tuoi superiori all’interno del network. Loro non sono i tuoi superiori perché hanno titoli di studio più alti, o perché sono eccellenti venditori: sono tuoi superiori solo perché hanno reclutato te!

Secondariamente, fai questo lavoro come se volessi fare politica. Mi spiego meglio: è perfettamente inutile che ti butti a capofitto nel network marketing, se non hai una lista di conoscenze pari a quelle che servono per diventare consigliere in un comune di medie dimensioni.

Con 30 amicizie non vai lontano. Ti occorre almeno la lista di conoscenze di un PR, altrimenti non hai massa critica per iniziare. Inoltre, non basta nemmeno conoscere tante persone se, per qualsiasi motivo, non hai un ascendente su di loro! Conoscere 5.000 persone che non ti cagano manco di striscio non serve a niente.

Il prodotto che devi vendere deve essere in target con le tue conoscenze. Se conosci solo degli squattrinati, allora è inutile che ti butti in un network bancario. Se conosci per lo più casalinghe, forse è il caso di vendere un prodotto per casalinghe e non un integratore di vitamine per atleti…

I tuoi superiori ti spingeranno a far aumentare il più possibile il tuo gruppo reclutando cani e porci per aumentare il loro grado, ma tu avrai solo le rogne di stare appresso a gente che non otterrà risultati. Pertanto: non perdere tempo con gente che entra nella struttura e non ha i requisiti che ti ho enunciato, perché tanto non farà strada!

Detto questo, oggi il network marketing sta puntando moltissimo al web. Niente di che, semplicemente ci sono in internet delle aziende che hanno un sistema di ecommerce che gestisce tutto il discorso delle vendite e che ti permette di reclutare altri venditori anche online…

…Dove, in teoria, potresti creare un blog o un sito che attiri molti navigatori potenzialmente interessati al tuo network. Tuttavia, tra il dire e il fare, c’è di mezzo il fatto che:

Anche se non è difficile, in ogni caso occorrono un minimo di conoscenze tecniche ed esperienza per creare una presenza online dignitosa e interessante (prima regola d’oro: nessuno è interessato a leggere un sito che è pieno solo di banner e di pubblicità!). I visitatori sul tuo sito non ce li porterà lo Spirito Santo! Al contrario di ciò che credono molti ingenui e poco informati, non è che basta aprire un sito per vedere orde di persone che si riverseranno al suo interno. Insomma: devi sapere cosa fare per portare visitatori nel tuo sito, e questa seconda cosa è MOLTO più difficile e complessa della prima e richiede tempo, lavoro e in certi casi anche soldi da investire in pubblicità. Proprio per questi motivi, la stragrande maggioranza delle persone che si dedicano al multi level marketing e cercano di usare internet per vendere i loro prodotti, o reclutare nuovi incaricati, cosa finiscono per fare? Spammano su Facebook con ZERO risultati ed enorme fastidio di chi riceve lo spam!

Volendo tirare le somme: guadagnare con il network marketing è sicuramente possibile ma richiede tempo, energie, passione e soprattutto professionalità e voglia di fare.

Nel 2005, in talia, la materia è stata finalmente regolamentata con la legge del 17 agosto 2005 n. 173, in particolare agli art. 5 e 6 che riporto integralmente:

ART. 5. (Divieto delle forme di vendita piramidali e di giochi o catene)

1. Sono vietate la promozione e la realizzazione di attività e di strutture di vendita nelle quali l'incentivo economico primario dei componenti la struttura si fonda sul mero reclutamento di nuovi soggetti piuttosto che sulla loro capacità di vendere o promuovere la vendita di beni o servizi determinati direttamente o attraverso altri componenti la struttura.

2. E' vietata, altresí, la promozione o l'organizzazione di tutte quelle operazioni, quali giochi, piani di sviluppo, "catene di Sant'Antonio", che configurano la possibilità di guadagno attraverso il puro e semplice reclutamento di altre persone e in cui il diritto a reclutare si trasferisce all'infinito previo il pagamento di un corrispettivo.

ART. 6. (Elementi presuntivi)

1. Costituisce elemento presuntivo della sussistenza di una operazione o di una struttura di vendita vietate ai sensi dell'articolo 5 la ricorrenza di una delle seguenti circostanze:

• l'eventuale obbligo del soggetto reclutato di acquistare dall'impresa organizzatrice, ovvero da altro componente la struttura, una rilevante quantità di prodotti senza diritto di restituzione o rifusione del prezzo relativamente ai beni ancora vendibili, in misura non inferiore al 90 per cento del costo originario, nel caso di mancata o parzialmente mancata vendita al pubblico;

• l'eventuale obbligo del soggetto reclutato di corrispondere, all'atto del reclutamento e comunque quale condizione per la permanenza nell'organizzazione, all'impresa organizzatrice o ad altro componente la struttura, una somma di denaro o titoli di credito o altri valori mobiliari e benefici finanziari in genere di rilevante entità e in assenza di una reale controprestazione;

• l'eventuale obbligo del soggetto reclutato di acquistare, dall'impresa organizzatrice o da altro componente la struttura, materiali, beni o servizi, ivi compresi materiali didattici e corsi di formazione, non strettamente inerenti e necessari alla attività commerciale in questione e comunque non proporzionati al volume dell'attività svolta.

Ho preso questo post da Network Marketing e lo faccio leggere a tutti  quelli che mi invitano ad entrare in QUALSIASI NETWORK nel WEB ne stanno nascendo a migliaia , 
forse perche' hanno scoperto che il passaparola in Italia funziona meglio della pubblicita' ? 

LEGGI ANCHE :  http://cipiri4.blogspot.it/2016/09/network-marketing-grande-illusione-di.html

Se vuoi leggiti anche :  http://cipiri4.blogspot.it/2011/07/cose-il-network-marketing.html

?


Legge 17 agosto 2005 n. 173


ART. 5.

(Divieto delle forme di vendita piramidali e di giochi o catene)
1. Sono vietate la promozione e la realizzazione di attività e di strutture di vendita nelle quali l'incentivo economico primario dei componenti la struttura si fonda sul mero reclutamento di nuovi soggetti piuttosto che sulla loro capacità di vendere o promuovere la vendita di beni o servizi determinati direttamente o attraverso altri componenti la struttura.
2. È vietata, altresí, la promozione o l'organizzazione di tutte quelle operazioni, quali giochi, piani di sviluppo,,, continua...

leggi anche :

Come testare un’attività di network marketing


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