Silicon Valley
l successo dei talenti italiani nel tempio della Silicon Valley
Negli Usa si moltiplicano le organizzazioni che puntano a valorizzare il genio dei ricercatori provenienti dal nostro paese. Tante le analogia con Israele, che con una politica di promozione ha conquistato i primi posti nel mondo per la produzione di brevetti
di PAOLO PONTONIERE
SONO molte le iniziative che puntano a collegare le esperienze emergenti italiane nel campo di internet e della ricerca informatica alle attività dei ricercatori italiani negli Stati Uniti e agli invenstimenti dei capitalisti di ventura americani, e che stanno riscuotendo grande successo negli Usa. Tanto da far pensare che l'imprenditoria digitale italiana possa emergere a sorpresa dalle fasce laterali della ricerca internazionale - come accaduto in Israele - per diventare un motore di innovazione planetaria.
Una di queste iniziative è, ad esempio, quella promossa dalla fondazione Mind The Bridge, una no-profit fondata da talenti italiani della Silicon Valley, per valorizzare proprio il capitale intellettuale delle nuove imprese italiane. La Fondazione organizza una competizione nazionale alla quale le startup di casa nostra partecipano per poi potersi presentare ai principali investitori americani. Un "elevator pitch" - così si chiama - attraverso il quale gli imprenditori di Silicon Valley cercano di convincere i capitalisti di ventura a finanziare la loro azienda o la produzione di un'idea. Come funziona: viene utilizzato dai dirigenti di un'azienda esordiente per cercare di convincere, in circa 30 secondi, un potenziale investitore a finanziare una compagnia o un progetto commerciale, sottolineando allo stesso tempo cosa distingue la loro proposta da quello che si può già trovare sul mercato.
Arrivare a un elevator pitch al quale partecipano gli investitori della Klein Perkins Caufield & Myers, della Sand Hill Partners, della Khosla Ventures o di una qualsiasi delle altre grandi venture capital di San Hill Road - la strada di Palo Alto a maggior concentrazione di "venture capitalist" del mondo - non è cosa da poco. I progetti di molti innovatori vengono rifiutati ancor prima di atterrare sulla scrivania della segretaria. Figurarsi, poi, arrivare dall'Italia per un incontro esclusivo le vecchie volpi di queste superpotenze del mecenatismo industriale mondiale.
"E' proprio qui l'analogia con Israele - spiega Marco Marinucci, amministratore delegato di Mind the Bridge - il nostro scopo è quello di creare un collegamento diretto e permanente tra l'innovazione nel nostro paese e l'intelligenza italiana presente negli Usa, come hanno già fatto gli israeliani. Per potenziare sia le proposte che arrivano dall'Italia che la posizione degli operatori italiani presenti in America". L'esempio è stato già seguito da altri paesi europei come la Francia, la Germania e l'Irlanda, ma il caso di quello di Israele presenta delle caratteristiche importanti per quel che riguarda l'Italia.
Assente, fino agli inizi degli anni Novanta, dalla scena, nel campo della ricerca e sviluppo Israele, facendo leva sull'esperienza di ricercatori che si erano trasferiti nella Baia di San Francisco, è riuscita in poco più di un decennio a diventare una nazione che ogni anno produce un numero di brevetti superiore a quello prodotto da una qualsiasi delle varie potenze del G7. L'Italia è ultima in classifica, sia in termini di spesa pro capite in ricerca e sviluppo che nel numero di brevetti prodotti annualmente. Ma sebbene sul piano dell'innovazione tra i due paesi esista un baratro, dal punto di vista socio-commerciale Israele e l'Italia sono molto simili. Registrano ambedue la presenza di una piccola e media industria dinamica e un tasso elevato, negli anni recenti, di fuga di cervelli.
Puntando sullo spirito imprenditoriale e sulla creatività delle sue aziende a conduzione familiare, e forte di una politica di investimenti pubblici in alta tecnologia, Israele è riuscita a far rimpatriare parte dei ricercatori che avevano scelto altri paesei e a lanciare numerose nuove aziende. "Nel passato le chiamavamo aziende a conduzione familiare, erano il volano della crescita del nostro paese - ha dichiarato Yoav Andrew Leitersdorf, fondatore di YL Ventures, intervenendo a Stanford alla startup organizzata da Mind The Bridge per celebrare i vincitori dell'elevator pitch di quest'anno - poi ci siamo resi conto che il loro ruolo era stato assunto dalle startup, sono loro che adesso spingono l'innovazione. Invece che un'azienda familiare oggi i giovani formano una startup". Così solo nel 2009 Israele ha investito quasi un settantina di milioni di dollari nel lancio di nuove "aziende giovani".
Quest'anno a spingere la creatività italiana negli USA sono state 5 startup che operano in ambiti commerciali molto variegati. La prima, la VRMedia, è il frutto di una ricerca condotta alla Scuola Superiore di Sant'Anna da un gruppo di precari universitari e opera nel settore della realtà aumentata. La seconda, la WhereIsNow, un sistema per l'aggiornamento automatico dei documenti digitali, è un'azienda sarda divenuta il simbolo della Sardegna che ce la può fare ed è stata fondata da due soci che (pur di seguire il loro sogno), hanno abbandonato un posto in una banca svizzera. La terza, la Fluidmesh Networks, creatrice di un sistema per la fusione, in un solo canale, di diversi metodi di videosorveglianza wireless, conta oltre 300 clienti in giro per il mondo ed è stata fondata da un gruppo di trentenni di cui alcuni hanno studiato all'MIT. La quarta, la Adant New Technologies, che produce le antenne per la prossima generazione di apparecchiature wireless, è nata dalla tesi di laurea di un italiano e ha già raccolto capitali di ventura; mentre la quinta, la TripShake Answers on the Go, che ha dato vita a un nuovo sistema di assistenza ai viaggiatori (un "social market for traveler" la definiscono i promotori), è stata fondata da un 27enne alla sua terza startup e che in Italia è considerato un guru di internet.
"I giovani Italiani non mancano di ideee geniali - osserva Fabrizio Marcelli, console italiano a San Francisco, introducendo le celebrazioni di Mind The Bridge alla Stanford University - sfortunatamente pagano lo scotto dell'incapacità del nostro paese di trasformare le idee in occasioni di richezza sia per il paese che per questi giovani". Ma dove fallisce lo Stato, intervengono le università e i privati. Si può dire che negli Usa, di sicuro in California, negli anni recenti c'è stato un vero boom di organizzazioni che hanno l'obiettivo di costruire ponti che colleghino l'innovazione italiana con quella di Silicon Valley e con l'industria americana. Oltre a Mind the Birdge ci sono Bridges To Italy, una no-profit fondata da Bianca delle Piane che ogni anno assegna anche un premio alla migliore scienziata italiana negli Usa; La Storia nel Futuro, un'organizzazione fondata dal docente genovese Paolo Marenco e che ogni anno organizza i Silicon Valley Study Tours, un tour delle maggiori aziende e centri di ricerca della Silicon Valley per giovani lauerati italiani nel campo dell'information technology, e BAIA, un'altra no-profit dell'area di San Francisco che punta a collegare l'imprenditoria italiana della California settentrionale con ricercatori, esponenti industriali e startup del nostro paese. Ora, il viaggio delle startup è diventato anche eco-compatibile: Green Voice, un periodico italiano dedicato alle energie rinnovabili, è nato con la missione di aiutare le startup italiane del settore energetico a rastrellare capitali di ventura in America.
http://www.foldier.com/view/364b7a/cc07b2?
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