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mercoledì 18 luglio 2018

Google: multa miliardaria della Ue per Android


sanzione miliardaria a Google dall’Antitrust europeo

La società: «Faremo ricorso» 
Nell’ecosistema del sistema operativo vengono favoriti i servizi proposti da Mountain View a discapito dei concorrenti. Bloomberg: multa pari a 4,34 miliardi di euro. La società ha 90 giorni per mettersi in regola. Ma ha già annunciato che farà ricorso

Una (nuova) sanzione miliardaria a Google dall’Antitrust europeo. Questa volta la cifra è pari a 4,34 miliardi di euro. Il servizio preso di mira è il sistema operativo più utilizzato nel mondo — detiene circa l’86 per cento del mercato degli smartphone — Android. La Commissione europea ne ha messo sotto indagine la posizione dominante sin dall’aprile del 2015, assecondando le critiche di Fairsearch, un gruppo che comprendeva originariamente anche Microsoft, Nokia e Oracle. Dalla documentazione accumulata in anni, è emerso come il sistema operativo favorisca sin dal 2011 l’utilizzo di servizi sempre appartenenti all’ecosistema Google, a cominciare dal browser Chrome e da Google Search, poi Gmail o Google Maps. Imponendo, secondo la Commissione, «restrizioni illegali ai produttori di dispositivi Android e agli operatori di rete mobile al fine di consolidare la propria posizione dominante nella ricerca generale su Internet». Abuso di posizione dominante, dunque. Che costa a Mountain View una delle sanzioni più alte mai decise dall’Ue e la più alta per questa ragione.



90 giorni di tempo per adeguarsi
La Commissione dà anche un termine preciso per la condotta giudicata scorrette: Google ha 90 giorni di tempo, «altrimenti dovrà affrontare le penali fino al 5 per cento del fatturato medio giornaliero di Alphabet, società madre di Google». Nel primo trimestre del 2018 superava i 31,16 miliardi di dollari, con una crescita del 26 per cento rispetto all’anno precedente. In totale, nel 2017, i ricavi avevano superato i 110 miliardi. «Monitoreremo molto da vicino» l’applicazione della decisione su Android, ha detto Vestager, sottolineando che le altre inchieste su Google rimangono di «massima priorità» per l’Antitrust Ue.

Google farà ricorso
Da Mountain View arriva subito la replica: farà ricorso. Interviene il Ceo Sundar Pichai, che sul blog ufficiale rifiuta la posizione della Commissione europea che «non riconosce quanta scelta Android sia in grado di offrire alle migliaia di produttori di telefoni e operatori di reti mobili che realizzano e vendono dispositivi Android; ai milioni di sviluppatori di app di tutto il mondo che hanno costruito il proprio business con Android; e ai miliardi di consumatori che ora possono permettersi di acquistare e utilizzare dispositivi Android all’avanguardia. Oggi, grazie ad Android, ci sono più di 24.000 dispositivi, di ogni fascia di prezzo e di oltre 1.300 diversi marchi». Da sempre la società respinge le accuse con questa convinzione: il vicepresidente Kent Walker nel 2016 aveva scritto sul blog ufficiale che Android avrebbe creato un ecosistema competitivo, dove c’è equilibrio tra «interessi degli utenti, degli sviluppatori, dei produttori di hardware e di operatori. Android non ha minato alla concorrenza, anzi l’ha ampliata». Una posizione reiterata anche da Pichai: «Sino ad ora, il modello di business di Android ci ha permesso di non far pagare ai produttori di telefoni a nostra tecnologia e di non dipendere da un modello di distribuzione strettamente controllato. Tuttavia, siamo preoccupati che la decisione di oggi possa alterare il delicato equilibrio che abbiamo creato per Android, e che questo rappresenti un segnale allarmante in favore dei sistemi proprietari e a svantaggio delle piattaforme aperte. La decisione di oggi rifiuta il modello di business che supporta Android».

Libertà di scelta per i produttori
Nelle intenzioni della Commissione europea c’è quindi quella di lasciare liberi i produttori di dispositivi Android di scegliere quali app pre-installare, quindi la possibilità di pescare anche al di fuori dell’universo di Mountain View. Sono stati studiati i contratti che vengono loro sottoposti e tra le clausule ci sono infatti obblighi di far trovare all’utente sul nuovo telefono le applicazione per navigare online di Big G (Chrome in primis) o quelle per scaricare altre app (Google Play Store). Come ha sottolineato la commissaria alla Concorrenza, Margrethe Vestager, «Il nostro caso riguarda tre tipi di restrizioni imposte da Google ai produttori di dispositivi Android e agli operatori di rete per garantire che il traffico su dispositivi Android vada al motore di ricerca di Google. In questo modo, Google ha utilizzato Android come veicolo per consolidare il dominio del suo motore di ricerca. Queste pratiche hanno negato ai concorrenti la possibilità di innovare e competere nel merito. E hanno negato ai consumatori europei i vantaggi di una concorrenza effettiva nell’importante sfera mobile. Tutto ciò è illegale sotto le regole antitrust dell’Ue».

Google, sanzione di 2,4 miliardi dall’Antitrust Ue per abuso di posizione dominante

Multa miliardaria
La prima sanzione per Google Shopping
La sanzione arriva dopoun’altra multa, sempre ordinata dalla Commissaria per l’Antitrust Margrethe Vestager, pari a 2,4 miliardi di euro, per aver sfruttato il monopolio delle ricerche online per favorire il suo servizio di Shopping, un comparatore di prezzi. Circa un anno fa, a fine giugno 2017, la sentenza era la stessa: abuso di posizione dominante. Google aveva subito fatto ricorso alla Corte di Giustizia Ue, ma aveva poi, a settembre, avanzato una proposta per trovare una soluzione al problema: la presentazione, sulle sue pagine web, dei siti concorrenti scelti attraverso un’asta. Gli spazi sulla sua sezione, chiamata Product Listing Ads, verrebbero quindi riempiti dagli annunci di prezzi di altre piattaforme. Eccetto i primi due, che sarebbero comunque riservati a Google Shopping.

Antitrust, da Google a Apple, le multe miliardarie dell’Unione europea alle multinazionali


Apple: 13 miliardi di euro
La terza indagine
Non finisce qui per Google, da sette anni nel mirino delle autorità europee. Troppo potere in troppi settori dove si rischia una situazione di monopolio che si traduce in nessuna possibilità di scelta per i consumatori. «Obiettivo della Commissione è applicare le norme antitrust dell’Ue per garantire che le imprese operanti in Europa, ovunque si trovi la loro sede, non privino i consumatori europei della più ampia scelta possibile o non limitino l’innovazione», aveva dichiarato la Commissaria europea per la politica di concorrenza Margrethe Vestager nel 2015. Un terzo fronte è stato aperto nel settore dei servizi di raccolta pubblicitaria. Qui le accuse sono rivolte alla piattaforma AdSense, intermediario tra chi vuole vendere advertisement sul web e chi invece vuole offrire spazi sul proprio sito. Anche qui secondo Google non c’è situazione di monopolio, riscontrando l’esistenza di molte piattaforme concorrenti.

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mercoledì 6 marzo 2013

Microsoft è stata multata dall'Antitrust UE

 

 Microsoft è stata multata dall'Antitrust UE per aver violato le promesse sul ballot screen dei browser.

 Il sistema è scomparso inaspettatamente con l'avvento del Service Pack 1 per Windows 7.

 La sanzione ammonta a 561 milioni di euro.



Microsoft ha ricevuto una multa da 561 milioni di euro per non aver rispettato gli accordi antitrust siglati con la Commissione Europea. In pratica il cosiddetto "ballot screen" che avrebbe dovuto consentire agli utenti di Windows la libera scelta del browser è stato adottato solo tra maggio 2011 e luglio 2012, invece che fino al 2014 com'era stato promesso.

 Lo scorso autunno la Commissione UE aveva denunciato la violazione degli impegni. Microsoft si era difesa tirando in ballo un errore tecnico: praticamente il ballot screen non era stato previsto per il Service Pack 1 di Windows 7, ma solo per la prima versione originale.

"Prendiamo la questione molto seriamente e ci siamo mossi rapidamente per risolvere il problema appena ne siamo venuti a conoscenza. Sebbene si tratti del risultato di un errore tecnico, ci assumiamo la responsabilità di quanto accaduto e abbiamo adottato misure per rafforzare le nostre procedure interne per assicurarci che non accada più una cosa del genere", si leggeva nella nota Microsoft di ottobre. "Ci scusiamo sinceramente per questo errore e continueremo a collaborare con la Commissione".
A distanza di mesi è stata presa una decisione, che gli addetti ai lavori non considerano certamente inaspettata considerate le premesse. "Nel 2009 abbiamo concluso la nostra indagine sui sospetti abusi di posizione dominante attuati da Microsoft con il legame tra Internet Explorer e Windows, accettando gli impegni proposti dall'azienda", ha dichiarato oggi Joaquín Almunia, Commissario europeo per la Concorrenza.
"Gli impegni giuridicamente vincolanti raggiunti con le decisioni dell'Antitrust giocano un ruolo molto importante nella nostra politica esecutiva in quanto consentono di ottenere rapide soluzioni a problemi di competizione. Naturalmente, tali decisioni richiedono una stretta osservanza. Infatti il ​​mancato rispetto è una violazione molto grave che deve essere sanzionata di conseguenza".

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In pratica il cosiddetto "ballot screen" che avrebbe dovuto consentire agli utenti di Windows la libera scelta del browser è stato adottato solo tra maggio 2011 e luglio 2012, invece che fino al 2014 com'era stato promesso qua sotto

Microsoft implementerà il ballot screen per la scelta del browser su Windows 7 Vista e XP, entro marzo 2010.


L'Antitrust dell'Unione Europea ha definitivamente chiuso la disputa legale con Microsoft riguardante il mercato dei browser. Dopo dieci anni di acceso confronto "gli utenti di Internet in Europa avranno una effettiva ed imparziale possibilità di scelta tra Microsoft Internet Explorer e i browser concorrenti come Mozilla Firefox, Google Chrome, Apple Safari e Opera", ha dichiarato Neelie Kroes, Commissario Europeo per la Competizione.
L'adozione del cosiddetto ballot screen su Windows 7, Vista e XP, ovvero la vetrina che permetterà agli utenti di scegliere il browser preferito, ha messo fine alla querelle. L'ultimo dettaglio riguardante l'ordine di visualizzazione degli applicativi è stato accettato da Microsoft senza problemi. Adesso, il colosso statunitense avrà tempo fino a marzo 2010 per implementare la nuova modalità di scelta.
La lista dei browser comprende: Apple Safari, Google Chrome, Microsoft Internet Explorer, Mozilla Firefox, Opera, AOL, Maxthon, K-Meleon, Flock, Avant Browser, Sleipnir e Slim Browser.
"Milioni di consumatori europei beneficeranno di questa decisione potendo scegliere liberamente quale browser usare", ha dichiarato Neelie Kroes.
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martedì 19 aprile 2011

UE , banda larga aperta ai dispositivi di quarta generazione 4G



UE , banda larga aperta anche ai dispositivi comunicativi di quarta generazione 4G


Da ora in avanti anche i dispositivi di comunicazione avanzati di quarta generazione (4G) avranno accesso allo spettro radio. La Commissione europea, nell'ambito dell'Agenda digitale, ha adottato una nuova decisione per garantire ai cittadini e alle imprese dell'UE l'accesso alla banda larga senza fili anche con i dispositivi GSM e 3G.
La decisione apre definitivamente le bande di radiofrequenza 900 e 1800 MHz ai dispositivi 4G, al fine di favorire l'uso delle seguenti tecnologie:
  • sistemi 3G che associano l’internet mobile ai servizi di telefonia tradizionale con sistema UMTS (Universal Mobile Telecommunications System),
  • la tecnologia mobile 4G a banda larga che utilizza i sistemi LTE (Long Term evolution) e WimAX (Worldwide Interoperability for Microwave Access).
Entro il 31 dicembre 2011 gli Stati membri dovranno implementare le nuove disposizioni comunitarie, affinché le bande GSM siano effettivamente disponibili per i sistemi LTE e WiMAX. Inoltre ai sistemi che utilizzano le bande di frequenza adiacenti dovrà essere garantita adeguata protezione per evitare qualsiasi interferenza.
"Questa decisione apre la via ai dispositivi mobili 4G più moderni", ha affermato il vice-presidente Neelie Kroes, "consentendo loro di fruire dello spettro radio necessario per stimolare ulteriormente i servizi a banda larga ad alta velocità e creare maggiore concorrenza".
Decisione per l'armonizzazione delle bande di radiofrequenza 900 e 1800 MHz ai sistemi terresti capaci di garantire servizi comunicativi elettronici pan-europei



In poche parole, le attuali frequenze licenziate per l’uso del GSM e cioè i 900 e i 1800MHz potranno venire utilizzati sia per l’attuale standard sia per il 3G e il 4G. Questo passaggio è decisamente importante in quando garantirà la possibilità di sfruttare la banda larga mobile ovunque il gestore sia presente con la sua rete. Sino a oggi infatti il 3G possiede una rete tutta sua, sfruttando le frequenza attorno ai 2100MHz, che come noto sono molto più sensibili agli ostacoli e alla distanza. Questo vuol dire che un gestore non offrirà mai in 3G la stessa copertura della sua rete GSM, con la conseguenza che in mancanza del segnale 3G, saremo costretti per navigare a utilizzare o il Gprs o l’Edge che funzionano su rete GSM, ma che risultano drasticamente più lenti.
Potendo sfruttare invece anche le frequenze delle attuali reti GSM per garantire l’accesso alle reti 3G, avremo la banda larga mobile ovunque.
Ci sono voluti 3 anni per arrivare a questo quadro tecnico, ma oggi in Commissione Europea, c’è piena soddisfazione per il risultato ottenuto. Adesso, ogni Stato membro, avrà tempo sino al 31 dicembre per fare suo il nuovo regolamento e adattarlo alle proprie realtà territoriali. In particolare dovranno essere valutati alcuni aspetti tra cui il più fondamentale, e cioè il problema della concorrenza tra gli operatori.
In Italia infatti c’è un problema complicato ed è quello che riguarda il gestore H3G, che come noto non possiede una sua rete GSM, ma solo 3G. Attualmente H3G, affitta le reti GSM da TIM per garantire sempre la massima copertura ai suoi clienti. Tuttavia questo affitto, ha costi elevatissimi e serve solo per la gestione delle chiamate. Ovviamente con l’arrivo della possibilità di utilizzare la banda larga mobile sulle frequenze del GSM, per il gestore H3G si dovrà trovare una soluzione per non lasciarlo indietro rispetto agli altri e così facendo, squilibrare il mercato.




IL governo italiano ha distrutto le speranze di avere, in breve tempo, internet banda larga per tutti gli italiani. L'annuncio è arrivato ieri da Gianni Letta, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio: "I soldi per la banda larga li daremo quando usciremo dalla crisi". Si riferisce agli 800 milioni che il governo aveva promesso di dare da mesi nell'ambito di un progetto da 1,47 miliardi di euro: il cosiddetto "piano Romani" - da Paolo Romani, viceministro per lo Sviluppo con delega alle Comunicazioni.


Era un piano per portare la banda larga 20 Megabit al 96% della popolazione entro il 2012, e almeno i 2 Megabit alla parte restante. Un piano di livello base, per risolvere i nodi più stringenti della nostra rete, afflitta da problemi di copertura (il 12% degli italiani non può avere nemmeno i 2 Megabit) e da una crescente saturazione che rallenta le connessioni degli utenti.


Con il piano Romani il governo rinunciava nell'immediato, invece di occuparsi del futuro della nuova rete. A differenza di altri Paesi europei, dove ci sono da anni piani nazionali per portare banda larghissima a 50-100 Megabit. Al 75% delle case entro il 2014 in Germania; a 4 milioni di case nel 2012 in Francia .

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mercoledì 6 maggio 2009

Internet: spam, Italia prima in Ue




Internet: spam, Italia prima in Ue
Da Bruxelles arriva stop: introdurre sanzioni civili e penali

ANSA

- BRUXELLES, 5 MAG - Stop allo spam, o posta indesiderata, che infesta ogni giorno le cassette di posta elettronica di centinaia di milioni di cittadini. A chiederlo e' la Commissione Ue, i cui dati diffusi oggi dimostrano come l'Italia sia il primo produttore di spam a livello europeo. Bruxelles vuole che gli Stati membri adottino 'sanzioni civili e penali per combattere la posta indesiderata', un problema che il 65% dei cittadini Ue considera ancora eccessivo, si legge nel documento adottato oggi.

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