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sabato 12 maggio 2012

Pirateria su Internet



Pirateria su Internet



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Siamo alle battute finali: stando a quello che titolano i media e alle interviste rilasciate da Calabrò (presidente dell’Authority per le Comunicazioni, AgCom) e Catricalà (Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri), il Governo starebbe per varare il famoso regolamento anti pirateria. In buona sostanza, la nuova normativa intende attribuire all’AgCom poteri particolarmente forti per intervenire, in modo coercitivo e di propria iniziativa, in caso di violazioni del copyright da parte dei siti web.

In Europa, le istanze liberticide sono iniziate con la famosa legge Sarkozy, nota anche come “la legge dei tre colpi”. La Francia ha così istituito un’autorità amministrativa – l’Hadopi – preposta a controllare il traffico sulla rete. In caso di accertata violazione delle norme sul copyright, l’Hadopi è legittimata, dopo due preavvisi bonari, a staccare la connessione internet dell’utente-pirata.

In Italia, invece, il regolamento in corso di approvazione capovolge l’impostazione e pone le sanzioni non a carico dell’utente, ma del sito che, senza autorizzazione, pubblica materiale coperto da diritto d’autore. In tali casi, secondo le precedenti bozze di regolamento, il titolare del diritto leso può intimare a chi ospita contenuti pirata la cancellazione degli stessi. Il responsabile ha quattro giorni di tempo per adempiere spontaneamente. In caso contrario, il titolare del diritto può chiedere l’intervento dell’Authority che, espletate le indagini in un termine di dieci giorni può, nei successivi venti, emettere un provvedimento di inibizione e le relative sanzioni.

C’è una considerazione che balza subito all’occhio quando si considerano i tempi brevi dell’istruttoria. Un Paese che vive nella elefantiaca lentezza amministrativa si scopre efficiente solo quando si tratta di tutelare le lobby dei contenuti?

Ulteriore anomalia del sistema: l’autorità prima provvede a oscurare l’intero sito e, “solo se possibile”, i singoli contenuti illeciti. Come se, per un giornale che pubblichi una notizia errata, anziché imporre la rettifica, venga chiusa l’intera testata giornalistica.

Non in ultimo, un sistema del genere calpesterebbe un principio, quello della neutralità dell’intermediario, ormai ribadito in modo costante tanto dal Parlamento europeo quanto dalla Corte di Giustizia in ben due recenti occasioni. Il che renderebbe la norma, già prima della nascita, destinata a cadere, prima o poi, sotto la scure dei giudici comunitari.

Ma ciò che oggi occupa e preoccupa le pagine dei giornali è il contenuto di questo regolamento. L’AgCom ha dichiarato che è in corso di approvazione un testo definitivo, un testo che – almeno nelle iniziali dichiarazioni di Calabrò – doveva essere soggetto a consultazione pubblica, ma che nessuno ha avuto il “piacere” di leggere.

Sono circolate diverse voci in merito. Il quotidiano “Italia Oggi” (in un articolo di venerdì 30 marzo) parla di un sistema [1] senza la presenza di un giudice a controllare, in via preventiva, l’operato dell’Authority. Un procedimento, dunque, privo di garanzie di terzietà e indipendenza, dove tutto viene lasciato alla discrezione dell’Authority.

Non solo. Non molti giorni fa, in un’intervista apparsa sulle pagine di “La Stampa.it”, Castricalà ha dichiarato che la bozza di regolamento circolata negli ultimi giorni (e a cui fa riferimento forse anche Italia Oggi) non sarebbe quella in via di approvazione.  Il sottosegretario ha detto che “non si tratta di un documento ufficiale (…), quella non è la bozza che io tengo nel cassetto. (…) Ci sono decine di bozze. Alcune contengono qualcosa di vero, cioè qualcosa di simile a quello che c’è scritto nella mia. Sono ipotesi di studio, nel mio pc ne ho almeno tre o quattro, ma quello che avete pubblicato non è il testo che sta per essere varato (…)”.

Da queste parole, tante incertezze. Ma anche alcune – non incoraggianti – certezze:
a. un testo di regolamento sta, di sicuro, per essere varato, e ciò senza che nessuno ne sappia nulla in merito al contenuto;
b. il testo del regolamento viene evidentemente considerato un affare top secret, visto che, nei corridoi del Governo, ne circolano diverse versioni e nessuno ha ritenuto opportuno informarne la comunità, con  la pubblicazione del testo effettivo.

Sembra un po’ la storia degli aumenti di benzina, che piombano dall’oggi al domani, per evitare che si faccia incetta di carburante. In alcuni casi, infatti, la tecnica normativa dell’effetto a sorpresa (casi che vengono appunto lasciati ai decreti legge anziché ai decreti legislativi) è determinante per la buona riuscita della legge stessa. Nel caso dell’informazione via internet, invece, ha un sapore totalmente diverso. Evidentemente lo Stato dimostra di considerare chiunque sia dotato di un computer come un potenziale criminale, un pirata incallito e che pertanto deve essere:
- colto di sorpresa;
- non consultato nel momento in cui si prendono decisioni sulla sua sorte e sulle sue libertà.

Uno Stato che legifera in questo modo, segreto e limitativo, è evidentemente lontano dalle parole di De Vigny, quando affermava “Mi chiamate ‘legge’, ma sono ‘libertà’”.




[1] Conseguente all’abrogazione dei commi 5 e 6 dell’art. 1 del d.l. 22.03.2004 n. 72 (convertito nella legge 21.05.2004, n. 128).


Pirateria su Internet: le ore contate?

2 aprile 2012 DI Angelo Greco

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